Si sta per concludere un anno differente, sotto ogni punto di vista. Caratterizzato da una pandemia, da più di un lockdown, tra i cambi radicali ai quali si è assistiti, senza dubbio figura l’avvento dello smart working, aumentato ad un livello mai visto prima.
La pandemia da Covid-19, però, non ha ancora visto la sua fine. E così, lo smart working non ha fatto che continuare, ormai prolungato a tempo indeterminato. Secondo una ricerca condotta da Censuswide per Sharp, questa incertezza sul quando si tornerà ad una vita normale post Coronavirus causa molta ansia, soprattutto a chi lavora per piccole e medie imprese.
Cosa provoca maggiore ansia? Senza dubbio, la mancanza di formazione, di opportunità di carriera; le proprie competenze non riescono a tenere il passo con l’avanzare delle tecnologie, la stabilità economica non è più una certezza tra le PMI. Gli under 30, più di tutti, sono maggiormente in ansia: l’incognita della continuità lavorativa (43,9% degli intervistati) e della stessa crescita professionale, in un mondo momentaneamente in pausa forzata, causano non poche paure. Anche se sono molti i giovani che ormai cercano lavoro all’estero.
Eppure, se c’è un dato sul quale la gran parte (60%) degli under 30 concordano, è quello relativo al potenziamento della produttività causato dallo smart working; non solo, il lavoro a distanza permette un miglior equilibrio tra la sfera lavorativa e quella personale. Il 44% degli intervistati, inoltre, riesce a seguire il passo delle nuove tecnologie informatiche grazie a corsi online o workshop organizzati dalle aziende.
Ma non sono tutti dati positivi: il 56% degli intervistati si trovano in difficoltà con il mantenersi costantemente al passo con le dinamiche aziendali, mentre il 47% si sente meno motivato dal lavoro a distanza. Eppure, il rapporto con i datori di lavoro è cambiato in modo radicale: questi ultimi offrono la possibilità di tenersi costantemente aggiornati, e si occupano tanto di supporto fisico quanto di supporto psicologico dei propri dipendenti.
Un pensiero inevitabile, infine, va al futuro. La condizione d’incertezza causata dal virus non permette di immaginare un ritorno alle vecchie abitudini; piuttosto, si ragiona ad un rivoluzionamento del modo di vedere il lavoro. Uffici più piccoli, non più per lavorarvi ma per gli incontri aziendali, meno sedi fisiche e più filiali delocalizzate: sarà così il futuro del lavoro, a seguito dell’avvento dirompente ma necessario dello smart working?