Nel corso della manifestazione del 28 aprile in piazza Montecitorio, era stata preannunciata la data dello sciopero nazionale che vede coinvolti tutto il personale della scuola (docenti, personale ATA e dirigenti).
Nella conferenza stampa dell’11 maggio a Roma, la data dello sciopero è stata confermata. Per l’intera giornata di venerdì 20 maggio, tutto il personale della scuola sospenderà le attività lavorative. Lo sciopero è organizzato da FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola e SNALS Confsal. I punti cardini della protesta saranno per le seguenti motivazioni:
- per il contratto non rinnovato da sette anni. La Corte costituzionale e una successiva pronuncia del Tribunale di Roma hanno sentenziato l’illegittimità di ulteriori rinvii;
- per il personale amministrativo tecnico e ausiliario (ATA), ignorato dalla 107/15 ma oggetto di attenzioni inaccettabili dalle varie leggi di Stabilità che tagliano l’organico, riducono la possibilità di sostituire il personale assente, riversano sulle segreterie scolastiche profluvi di adempimenti che nulla hanno a che fare con la funzione istituzionale della scuola;
- per la scomparsa completa e definitiva del lavoro precario attraverso il riconoscimento pieno di chi ha maturato diritti all’impiego per aver prestato servizio per almeno 36 mesi (limite imposto dalla Corte di Giustizia europea) da supplente e per aver acquisito titoli validi alla stabilizzazione;
- per la valorizzazione della professione docente, centrata – diversamente da quanto prevede la legge 107/15 – sulla valutazione del lavoro collegiale e sull’impegno individuale, alleggerito dagli attuali eccessi burocratici – attraverso l’introduzione di meccanismi oggettivi di progressione della carriera da definirsi in ambito contrattuale. Il salario va ricondotto all’accordo fra le parti e sottratto all’arbitrio di un organo monocratico;
- per la libertà d’insegnamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, incompatibili con la “chiamata diretta” dei docenti da parte del dirigente scolastico;
- per i dirigenti scolastici: non è più accettabile la sperequazione con la dirigenza pubblica, né il sovraccarico di incombenze e responsabilità cui fa riscontro un calo delle retribuzioni percepite;
- per gli investimenti nell’istruzione che colmino il gap con la media degli investimenti dei paesi Ocse (5,9%) incrementandoli di un punto di PIL.