È il 1995. Una domenica di luglio. Regna la calma e il silenzio nonostante il massacro di Srebrenica l’11 luglio da parte delle truppe serbo-bosniache (7mila morti, tutti musulmani) compiuto dai serbo-bosniaci. Sono tutti a mare. Lo Stato Italiano e l’antimafia arrestano il boss di Cosa Nostra Leoluca Bagarella. È l’estate del 1995, l’anticiclone. Piogge torrenziali, temperature al di sotto della media stagionale e trombe d’aria. Sono davanti allo specchio di casa mia. Canottiera bianca, pantaloncini azzurri. La radio trasmette “High and dry” dei Radiohead, “Back for good” dei Take That, “Baby baby” di Corona, e poi “Senza averti qui” degli 883.
“La Donna, Il Sogno & Il Grande Incubo”, terzo album degli 883, resterà in classifica per nove settimane, otto delle quali consecutive a luglio e agosto.
Sono passati esattamente vent’anni da quel disco e da un po’ di tempo a questa parte, diciamo negli ultimi tre, quattro anni, Max Pezzali ha vissuto un momento di rivalutazione. Questa celebrazione, unica nel panorama italiano, ha anche generato dei mostri, delle cover di dubbio gusto e anche pezzi con squallidi insulti. Non voglio elogiare il disco, non voglio neanche lodare tutto il lavoro degli 883, ma neanche recensirli o convincervi che sono stati il più grande gruppo di musica italiano mai esistito. Erano gli anni ’90 e Pezzali con lampi di genio, semplicità e sprazzi di cafonaggine, cantava ai giovani. Canzoni leggere, orecchiabili, alcune profonde, ma scritte con un linguaggio semplice. La radio passava pezzi come “Destinazione Paradiso” di un giovanissimo Gianluca Grignani o ci faceva ascoltare le percussioni contenute in “L’ombelico del mondo” di Jovanotti. Negli Stati Uniti la Microsoft presentava Windows 95 (il primo sistema operativo Microsoft a 32 bit concepito per il grande pubblico) e nasceva la piattaforma web di aste online di Ebay. Era il 1995.