Avere un attacco terroristico a due passi e non accorgersene.
Parigi. 7 gennaio โ15
La sede del settimanale satirico Charlie Hebdo viene brutalmente invasa da due uomini coperti e armati che sparano uccidendo 12 persone, tra cui il direttore e vignettista Stephane Charbonnier, detto โCharbโ, i noti vignettisti Wolinski, โCabuโ, โTignousโ, Honorรฉ, lโeconomista Maris, la psicologa Cayat, un correttore di bozze, il portiere, due poliziotti.
Il grido โAllah u Akbarโ riconduce subito lโatto a rivendicazioni terroristiche di matrice fondamentalista islamica Jihฤdista.
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โLuna, sei fidanzata?โ
โNo, Seb, lo sai, perchรฉ?โ
โQuanto sei folle da 1 a 10?โ
โSeb, cosa cโรจ, mi stai iscrivendo ad un sito dโincontri?โ
โNo. Volevo chiederti di partire per tre giorni a Parigi, toccata e fuga. Te lโaccolli?โ
โSรปrement!โ
Siamo atterrati martedรฌ sera, il 6 gennaio. Al mattino presto, il mio primo giorno a Parigi. Per la prima volta. Un luogo dellโanima in cui non avevo ancora posato la suola delle scarpe.
Quattro amici ritrovati per caso e la cittร piรน magica del mondo di fronte a noi, piena di possibilitร , poesia, e nebbia. Parigi trasuda sempre cultura, anche in inverno. Lโaria stessa, fredda ma non troppo, ne era permeata; palpabile al tatto.
Eravamo appena usciti da Notre Dame. Abbiamo sentito sirene tutto intorno, volanti andavano a gran velocitร davanti a noi, sul Pont Neuf, bloccando il traffico. Moto della Police sfrecciavano con urgenza. Uno di noi si chiede con curiositร cosa stia accadendo. Abituati a scene simili a Catania, per rapine, scippi o roba del genere, lo snobbiamo con un risolino di superioritร . ยซSempre il solito pettegolo, โโu curtigghiaruโยป, lo prendiamo in giro. E proseguiamo.
Era mezzogiorno. Il peggio era giร accaduto.
Alle 11.30, mentre ci lasciavamo suggestionare, ammirati, dalle sculture della facciata di Notre Dame, IV distretto, ad appena due chilometri, in 10 rue Nicolas-Appert, XI arrondissement, due figuri coperti da passamontagna, imbracciando dei kalashnikov, facevano irruzione nella sede del giornale satirico โCharlie Hebdoโ alla ricerca del direttore Charb. Mentre noi scrivevamo, su di una teca di vetro, un โmessage de paixโ (messaggio di pace), i due terroristi, Saรฏd Kouachi e Chรฉrif Kouachi, fratelli di rispettivamente 34 e 32 anni, sparavano a bruciapelo a dodici tra i piรน importanti membri della redazione, tra cui il direttore stesso, Charb, giร nel 2013 inserito da Al-Qaeda nella lista degli uomini piรน ricercati per crimini contro l’Islam. Nel 2012 dichiarรฒ in unโintervista: ยซNon ho paura delle rappresaglie. Non ho figli, non ho una moglie, non ho unโauto, non ho debiti. Forse potrร suonare un poโ pomposo, ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchioยป.
Mentre rubo candele alla cattedrale sotto lo sguardo attonito e divertito dei miei amici, quelli, di origine algerina ma nati e pasciuti in Francia, freddano senza un tentennamento un poliziotto caduto ferito a terra, con quella nonchalance che appartiene a chi per tutta la vita si รจ addestrato a uccidere facendo della propria ideologia un dogma, un mantra che non lascia spazio al dubbio. Il nome del poliziotto era Ahmed Merabet. Aveva 42 anni ed era musulmano anche lui.
In Place de l’Hรดtel de ville, noi celebriamo il nostro ritorno allโinfanzia su una giostra, carrousel la belle epoque, si chiama, e facciamo ben tre giri su cavallucci colorati. Siamo felici. Fuori dalla giostra Parigi vortica. Eโ una fredda giornata invernale e la pista di pattinaggio รจ gremita di parigini che scivolano sulle lame argentate dei pattini come ballerine dโoperร . Gli schiamazzi delle risa non arrivano a coprire le sirene delle ambulanze, ma forse tutta quella nebbia รจ riuscita ad ovattare le coscienze.
Mentre ci godiamo le nostre Tartiflette calde, i due terroristi si danno alla fuga, rubando un veicolo a un civile nei pressi della Porte de Pantin, caracollandosi a 200 chilometri allโora, travolgendo un ciclista.
La loro fuga รจ continuata fino al giorno dopo, concludendosi nel sangue.
Unโintera nazione mobilitata per trovarli. Foto segnaletiche in ogni notiziario. Tutte le forze dellโordine possibili sguinzagliate, armate fino ai denti, a battere la cittร e le periferie in lungo e in largo. Teste di cuoio, militari, poliziotti, si sono riversati sulla cittร facendo sentire la propria presenza ovunque. I mezzi non sono stati bloccati, ma pervasi di divise dalla metropolitana al Louvre, dalla Rive Gauche al Pont Sain โ Michel. Se, quando eravamo usciti di casa alle prime luci dellโalba, avevamo toccato con mano quanto le metro parigine siano effettivamente fucine musicali di artisti di strada, canti e allegria, poche ore dopo e per tutta la nostra permanenza, avremmo visto solo metro affollate di cittadini in corsa verso gli uffici, grigiore e tanto, troppo silenzio.
Eppure, nonostante tutto, i terroristi sono riusciti a fuggire indenni, a barricarsi in una tipografia prendendo in ostaggio il titolare di 27 anni. Simultaneamente, un altro terrorista armato di mitra, Amedy Coulibaly, ha invaso un supermercato ebraico kosher, prendendo alcuni ostaggi e chiedendo per il loro rilascio la liberazione dei suoi โcompariโ. Com’รจ potuto accadere tutto ciรฒ? Come puรฒ uno stato intero non riuscire a prendere un paio di terroristi in fuga, che non passano certo inosservati, ma dar loro il tempo di minacciare altre vite umane? Come puรฒ un giornale che ha giร ricevuto innumerevoli minacce nel corso degli anni, nonchรฉ un attentato a base di molotov nel 2011, essere cosรฌ facilmente esposto ad un pericolo, in definitiva, tanto prevedibile? Non abbiamo risposte a queste e a tante altre domande. Quel che sappiamo รจ che nonostante tutto il trambusto, Parigi ci รจ sembrata incredibilmente normale. Di fretta, come sempre, affollata di turisti armati di macchina fotografica, come sempre, allegra e sbarazzina, come sempre. Noi stessi, ricevendo la notizia direttamente dall’Italia (o avremmo senz’altro continuato per un bel pezzo ad ignorare il perchรฉ di tanta agitazione), ne abbiamo riso e scherzato, biasimando chi si fa prendere da ansie terroristiche e psicosi di massa per โcosรฌ pocoโ. Non ci siamo assolutamente resi conto della gravitร della situazione fino a quando amici e famiglie non ci hanno chiamato preoccupati, chiedendoci se stavamo bene. Ed anche allora, la lontananza che abbiamo sentito dai fatti che si stavano svolgendo cosรฌ vicino a noi, รจ spiegabile solo col morbo che permea questo nostro millennio, queste nostre generazioni insensibilizzate da strati su strati di violenza mediatica: lโindifferenza. Lโincapacitร di provare autentica empatia, di prendere sul serio la qualsiasi, anche la propria stessa incolumitร . Giovedรฌ pomeriggio, alle h. 18 circa, mentre uscivamo, stanchissimi, dal Louvre, dirigendoci verso la Tour Eiffel, 35.000 persone si riversavano in Place de la Republique, penne e matite alla mano, col pugno alzato, al grido che avrebbe riempito il mondo: โJe suis Charlie!โ. Ma noi non le abbiamo viste. Ignari di tutto, incapaci di comprendere appieno โLe Figaroโ e โLe Parisienโ acquistati al mattino, erano piรน le notizie filtrate dall’Italia che non quelle toccate di prima mano, lรฌ. Frattanto, la folla continuava imperterrita a calpestare lโasfalto. Tutta la banale e insignificante quotidianitร proseguiva avanti e indietro lungo gli Champs-รlysรฉes. Continuavano lo shopping compulsivo, i baci sotto la torre, lโorda di lavoratori โ maratoneti. Facevamo anche noi parte di quella folla.
Soltanto tornando a casa, venerdรฌ pomeriggio, accendendo i tg, seguendo tutta la vicenda dal divano, la valigia ancora da disfare, ho sentito addosso tutto il peso di questo attacco alla libertร , nell’accezione piรน nobile e greve del termine.
Non era Woodstock. Non cโรจ niente di lieto nel poter dire โnoi cโeravamoโ. Solo un saporaccio amaro in bocca e una fredda, pacata incredulitร .
Quando da viaggiatore di ritrovi nel posto giusto (Parigi non puรฒ non essere โgiustaโ), al momento decisamente piรน sbagliato. Quando solo tra le quattro pareti di casa, tornando alla โvita normaleโ, guardando agli eventi appena trascorsi, con distacco, ti rendi effettivamente conto di quanto pesante sia ciรฒ a cui hai, indirettamente, assistito. Come se la distanza, da sola, aiutasse a vedere realmente le cose per come stanno, a realizzare la bruttura.
La strage del Charlie Hebdo non รจ solo un attacco alla libertร di stampa. Eโ un disperato tentativo di reprimere le norme fondamentali di dignitร umana su cui si basano i princรฌpi, di ogni individuo โ persona. Le vignette satiriche che hanno preso di mira Maometto, potranno anche non piacere. Molti, le avranno trovate di cattivo gusto, esagerate, irrispettose. Ciรฒ nonostante, avevano il diritto di esistere. Ma qui non ci sono in ballo quattro disegni. Ciรฒ che รจ effettivamente stato messo alla berlina mercoledรฌ scorso, รจ il diritto alla satira di esserci, di esprimersi liberamente, di essere contestata e criticata, finanche denunciata, ma mai assassinata.
Come ha sottolineato Manara in unโintervista oggi: ยซLa satira รจ antibiotico sociale.ย Quell’elementoย che impedisce di accettare supinamente qualsiasi realtร o decisione cheย vengaย dall’alto, e ti fa scoprire lโaspetto assurdo di certe cose. Cโรจ unaย differenza fondamentale che non bisogna mai dimenticare tra la parola, il disegno, lโespressione di un pensiero, e lโuccisione. Il limite che puรฒ avere una satira dipende soloย dall’autoreยป, ha dichiarato.
Sicuramente non tutti ci sentivamo Charlie fino a tre giorni fa. Tuttavia so che dovremmo sentirci tutti Charlie OGGI.
Finchรฉ ci sarร qualcuno che attaccherร i diritti fondamentali della dignitร di essere esseri umani, dovrร per forza esserci qualcuno pronto a lottare per difenderli. E purtroppo, ci sarร sempre chi avrร paura dei giornali. Di chi scopre il letame dietro alle rose, e scopre che di rado quel letame ha un buon odore. Ci sarร sempre chi avrร paura del diverso, perchรฉ incapace di comprenderlo, perchรฉ intacca le certezze dogmatiche di una vita che fan sentire al sicuro, al calduccio all’interno delle proprie barricate auto imposte, visiere confortevoli.
Ci sarร sempre chi avrร paura.
E per ognuno di loro, dovrร sempre esserci qualcuno che alla paura risponda col coraggio del concepire di poter cambiare le proprie idee, giuste o sbagliate che siano, col rischio dello stare uniti perchรฉ divisi ci si disperde come patetiche foglie bistrattate da un vento crudele: il vento dell’intolleranza.
Sarร facile, adesso, troppo facile e troppo comodo cadere preda del pregiudizio razziale. Labile รจ il confine tra vittima e carnefice, quando cโรจ in gioco la diversitร . Igialba Scego, afro โ europea musulmana, adottando il noto slogan โNot in my nameโ, dissociandosi dal fanatismo di queste cellule fondamentaliste, ha giร lanciato il suo monito:
ยซHo giร il voltastomaco per i vari xenofobi che aspettano al varco. So giร che ci sarร qualcuno che userร questo attentato contro migranti e figli di migranti per qualche voto in piรน. Cโรจ sempre qualche avvoltoio che si bea delle tragedie.ยป
La Scego ci mette in guardia: attenzione! Gente pensante e non benpensante, non cadete nella trappola! Non considerate la parte per il tutto e il tutto per la parte. Non siamo microbi ma esseri umani e valiamo solo ed esclusivamente in quanto entitร singole pensanti, monadi, universi indipendenti l’uno dall’altro, seppur intersecati, per personalitร , carattere e sopra ogni cosa, scelte. Perchรฉ sono quelle che ci differenziano. NO ALLE GENERALIZZAZIONI, sรฌ all’individualismo. Dovremmo essere la differenza per farla.
Eโ grottesco, ma questa tragedia ha risvegliato il senso civico della giornalista che รจ in me. Quella sete umana di giustizia e ricerca della veritร che mi rende indispensabile lottare perchรฉ si possa tutti esprimerci liberamente senza paura. Quel che mi fa esclamare, con convinzione, anch’io JE SUIS CHARLIE.