L’abbandono universitario è una questione spinosa nel nostro Paese. Guardatevi attorno: secondo le statistiche, su 100 giovani sono in 9 ad aver deciso di rinunciare agli studi. Forse rientrate voi stessi nella categoria.
Oltre mezzo milione, secondo la Commissione europea, nel 2016 avrebbe, per un motivo o per un altro, deciso di non completare il percorso universitario. Colpa degli atenei, della difficoltà di determinati corsi di laurea, o forse la responsabilità ricade su ragioni familiari, economiche o di salute. Indipendentemente da quale sia la verità, i dati parlano chiaro: il Belpaese, che tocca il fondo delle classifiche per numeri di laureati, non riesce a non staccarsi dalla vetta di quelle sul numero di rinunce. Eppure il numero di diplomati che due anni fa hanno deciso di proseguire nella carriera accademica era tra i più alti tra i paesi del vecchio continente.
Il confronto con i Paesi europei a noi più vicini è impietoso: se Spagna, Regno Unito si tengono al di sotto del 6%, con la Germania che non riesce nemmeno ad arrivare al 2, a noi rimane solo da guardare al sorprendente 17% della Francia, tra i più alti in Europa. Ma non possiamo comunque considerarla una vittoria.
Cosa spinge i nostri giovani a rinunciare alla pergamena, quindi?
Più di un terzo preferisce gettarsi a capofitto nel mondo del lavoro, rinunciando ai libri. Purtroppo, però, esiste una fetta altrettanto grossa di studenti che non hanno trovato nell’offerta formativa degli atenei italiani alcun tipo di soddisfazione perché i corsi non erano in linea con le loro aspettative o incapaci di soddisfare i loro bisogni. Il 18,1% ha avuto delle difficoltà familiari o relative alla salute e l’8,3% è stato bloccato da problemi di natura economica. Quest’ultimo dato è tra i più alti a livello europeo e decisamente preoccupante. Con il problema causato dall’inserimento tardivo dei dati dell’ISEE e l’impossibilità di risolvere l’assenza di comunicazione tra l’Ateneo e l’INPS, per esempio, molti studenti dell’Università di Catania quest’anno sono stati costretti a chiedere l’interruzione della carriera proprio perché incapaci di sostenere il costo degli studi.
Troppi abbandoni e pochi laureati (circa 26 su cento trentenni) fanno crescere sempre di più il divario tra l’Italia e il resto dell’Europa, con numeri che sfiorano il 40% e l’ancor più desiderabile 48,5% ottenuto dal Regno Unito.