Il progetto del Ponte sullo Stretto si avvicina a una fase decisiva con l’attesa approvazione da parte del Cipess, ma le perplessità restano. Pietro Ciucci, presidente della società Stretto di Messina, rilanciata dopo anni in liquidazione e ora nuovamente attiva come appaltatore principale dell’opera da 13,5 miliardi di euro, continua a sostenere l’avvio dei lavori per la seconda metà del 2025. Tuttavia, rimangono forti interrogativi sulla sostenibilità tecnica del progetto, così come sui rischi di infiltrazione criminale.
Questi ultimi sono già sotto la lente di più procure, tanto che il ministro Matteo Salvini ha deciso di convocare una riunione con tutte le istituzioni coinvolte nella realizzazione dell’infrastruttura, con particolare attenzione al Ministero dell’Interno e ai suoi organi operativi.
Tra faglie attive e terremoti il pericolo rimane alto
In un contesto già caratterizzato da forti tensioni e opinioni contrastanti, prosegue il vivace dibattito tra la società incaricata della costruzione del ponte e numerosi esperti, tra cui l’ex presidente dell’INGV Carlo Doglioni, in merito alla complessa questione della sismicità nell’area dello Stretto.
“Lo stretto di Messina si può definire certamente con un’area epicentrale con eventi che possono avere magnitudo anche superiore a sette. E ce lo dice non solo il terremoto del 1908, ma anche quello del 1693. Quindi, il fatto che il terremoto sia avvenuto solamente poco più di un secolo fa non ci garantisce che passeranno tanti altri secoli prima che arrivi il prossimo terremoto”. Questo quanto dichiarato dall’ex presidente dell’Ingv Carlo Doglioni intervenendo a un convegno dell’associazione “Invece del Ponte” che si è tenuto a Messina. Doglioni ha indicato, tra l’altro, “fondazioni su terreni instabili, rischio di liquefazione, innalzamento del livello del mare di almeno un metro entro la fine del secolo, venti sempre più intensi a causa dei cambiamenti climatici”.
E, in particolare, la presenza di faglie attive: “il ponte – ha spiegato indicandole su uno schermo – è posizionato in questa posizione in una struttura che noi chiamiamo grave. Durante il rilievo, abbiamo visto chiaramente che ci sono delle faglie che noi possiamo considerare attive che sono una nord di capo Peloro, a nord di Ganzirri e poi all’interno dello stretto di Messina. Dal punto di vista geologico e geofisico, bisognerebbe fare nuovi studi e approfondimenti prima di dare il via libera definitivo”.