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Bufera sul crocifisso a scuola: tradizione o laicità?

Bufera sul crocifisso in classe: le parole del ministro dell'Istruzione Fioramonti hanno riacceso una questione spinosa per il nostro Paese. Tra chi ritiene che sia un simbolo della nostra identità e chi un attacco alla laicità, il dibattito è più acceso che mai.

Crocifisso sì o crocifisso no? Da decenni si discute sulla questione, ma si fatica ancora a venirne a capo. Dopo un’estate ai limiti del surreale, con l’ex-ministro dell’Interno, Matteo Salvini, intento a sventolare crocifissi e icone sacre in spiaggia e sul web, il dibattito si è riacceso a seguito di alcune dichiarazioni del neo-ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti. Intervistato dagli speaker del programma radiofonico “Un giorno da Pecora”, il 5 stelle ha lasciato intendere di voler puntare a una scuola più laica e inclusiva.

“Il crocifisso a scuola è una questione divisiva, che può attendere – ha dichiarato senza sbilanciarsi troppo –. Meglio appendere alla parete una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione. Ritengo che le scuole debbano essere laiche e permettere a tutte le culture di esprimersi. Non esporrei un simbolo in particolare ed eviterei l’accozzaglia, diventa altrimenti un mercato”. Alla stessa maniera, il ministro non sarebbe d’accordo con la possibilità di esporre la foto del Presidente della Repubblica: “La foto di Mattarella nelle aule? No, neanche il presidente la vorrebbe”.

Le reazioni della politica e della chiesa

Come si può facilmente immaginare, le reazioni non si sono fatte attendere e le dichiarazioni di Fioramonti hanno immediatamente scatenato una bufera che, a distanza di giorni, fatica ancora a placarsi. Dalla destra più reazionaria alla chiesa, dai salotti televisivi ai social network, a scagliarsi contro l’idea del neo-ministro sono stati in tantissimi.

Tra i più accaniti difensori della tradizione cristiana del Belpaese, alcune esponenti del centrodestra, tra cui Paola Frassinetti che, senza mezzi termini, ha dichiarato: “Ricordiamo al Ministro che, pur rispettando tutte le religioni, qui siamo in Italia ed è giusto che nelle aule ci sia il crocifisso. I fedeli di altre religioni devono per prima cosa rispettare i simboli della nostra fede. Se ne sono infastiditi, nessuno li obbliga a rimanere qua”. Dello stesso parere anche l’ex ministra dell’Istruzione del quarto governo Berlusconi, Mariastella Gelmini: “Il crocifisso non è un elemento di arredo, ma la testimonianza delle radici del nostro Paese”.

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Contro Fioramonti anche vescovi ed esponenti di spicco della chiesa, come monsignor Giovanni D’Ercole, segretario della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, che ha dichiarato: “Dall’uscita del ministro dell’Istruzione sgorga una ignoranza culturale che dispiace vedere in persone che rappresentano la nostra Repubblica”. Interessante l’intervento di Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, che ha così commentato: “Togliere crocifisso dalle aule scolastiche? Servirebbe solo ad aiutare il leader della Lega Matteo Salvini”.

Le reazioni del web

A esprimersi sulla questione, tuttavia, non solo politici e vescovi, ma anche il web tutto. Sui Facebook, Instagram e Twitter sono, infatti, moltissimi i commenti in merito alle dichiarazioni del ministro Fioramonti. Nonostante reiterato, il dibattito risulta più aperto e accesso che mai: le opinioni si dividono tra chi ritiene il crocifisso un simbolo intoccabile della nostra identità e tradizione nazionale; e chi, al contrario, sostiene che – essendo l’Italia un Paese laico – la presenza di simboli religiosi nei luoghi pubblici entri in conflitto con il principio di laicità.

“Siamo un Paese laico. Il crocifisso mettetelo a casa, in qualsiasi stanza di vostra preferenza – scrive su Facebook un utente –. Nelle scuole metteteci gli insegnanti, gli armadietti, palestre agibili, riscaldamenti e la carta igienica“. Della stessa opinione un altro, che però sottolinea anche l’urgenza di occuparsi di problemi più gravi: “I simboli religiosi devono restare fuori dalle strutture pubbliche. L’imporre un simbolo religioso parlando di presunte radici cristiane è sbagliato e controproducente oltre che non laico. Fermo restando che il problema “crocifisso” è veramente marginale viste le condizioni delle nostre strutture scolastiche“.

Più radicali, invece, i giudizi di chi è favorevole alla presenza del crocifisso in classe: “Il crocifisso non si deve toccare: è simbolo di cristianesimo e non deve assolutamente mancare in casa, a scuola, dovunque”. O ancora: “Siamo cresciuti con la cartina geografica appesa al muro – si legge tra i commenti di un articolo –, ma soprattutto col crocifisso, simbolo della nostra religiosità cristiana che non deve assolutamente mancare, va bene anche la Costituzione”. Sulla stessa linea anche il commento di un altro utente, che ne sottolinea non solo il valore religioso ma anche quello simbolico: “Ma perché la cartina e la costituzione, idee ammirevoli non si possono mettere accanto al crocifisso che fa parte della nostra tradizione?”.

Il chiarimento di Fioramonti

Dopo il polverone di questi giorni, il ministro dell’Istruzione ha sentito il bisogno di intervenire nuovamente sulla questione per qualche chiarimento. Nel corso di un’intervista a Radio Capital, infatti, ha così precisato: “Sono sgomento di fronte a questo vespaio mediatico. Il tema non è all’ordine del giorno, non è una priorità, neanche lontanamente. Io credo in una scuola laica. Invece di parlare del fatto che il Ministero sta lavorando per l’edilizia scolastica o che sta aiutando le amministrazioni, si discute di quello che io ho detto sul crocifisso. Questo Paese ha bisogno di un cambio di mentalità“.

A chiudere per il momento il discorso, ci pensano infine gli altri esponenti del Movimento 5 Stelle, che fanno sapere: “Non è un tema all’ordine del giorno. Le scuole italiane hanno ben altri problemi, seri e concreti, da affrontare. Messa in sicurezza degli istituti, e loro ammodernamento, aumento degli stipendi di insegnanti e personale sono le priorità. Dibattiti e polemiche su questioni distanti dalla vita quotidiana dei cittadini non ci appassionano né interessano”.

A proposito dell'autore

Antonietta Bivona

Giornalista pubblicista e direttrice responsabile della testata giornalistica LiveUnict. Dopo un dottorato conseguito presso l'Università degli Studi di Catania, è ricercatrice in lingua e letteratura francese. Insegna nei corsi di laurea triennale e magistrale del Dipartimento di Studi classici, linguistici e della formazione dell'Università degli Studi di Enna.

📧 a.bivona@liveunict.com