Tra le campagne etnee si nasconde un mistero impossibile da datare e da risolvere – e probabilmente, lo rimarrà per sempre. Facciamo un passo indietro.
Poco conosciute e difficilmente accessibili, con la loro imponenza e forma simile alle controparti egizie, le piramidi dell’Etna hanno attirato l’attenzione di parecchi studiosi in passato. Tra questi Antoine Gigal, egittologa francese che dopo aver sentito parlare delle piramidi ha deciso di volare dal Cairo fino a Catania per indagare. Ciò che scopre è sorprendente: il territorio è disseminato di strutture (in tutto una quarantina) piramidali in pietra lavica, di forme e dimensioni diverse.
Si inizia a fare delle ipotesi su quale civiltà possa essersi resa responsabile di simili opere, indicando come probabili autori i Sicani, che hanno occupato l’isola già a partire dal III a.C. E ancora gli Shekelesh, il popolo del mare, il cui coinvolgimento darebbe una spiegazione al ritrovamento di strutture simili a Tenerife e nell’isola di Mauritius.
Lo studio delle piramidi, tuttavia, già nel 2013 minacciava di non andare troppo avanti. Oltre allo scarso interesse degli organi di competenza, l’incredulità e la mancanza di fondi, ha spiegato Gigal, la scarsa collaborazione dei proprietari terrieri ha rappresentato un grosso ostacolo.
Torniamo a oggi. Andrea Di Piazza, geologo e ricercatore, denuncia su BALARM l’allarmante demolizione di alcune di queste piramidi, che nel corso degli anni non hanno ricevuto l’attenzione che ci si aspetterebbe per strutture come queste. Il gesto sarebbe stato compiuto per far spazio a costruzioni moderne nelle campagne di Sant’Agata Li Battiati e San Giovanni La Punta. L’associazione Free Green Sicilia – S.O.S. Beni Culturali ha chiesto ripetutamente, nel corso degli ultimi dieci annni, alle amministrazioni locali di istituire qualche forma di tutela per quelle piramidi di pietra nera che sono diventate parte integrante del paesaggio, e che con il mistero della loro creazione hanno anche solleticato l’immaginario collettivo.
Adesso si punta a proteggere le strutture ancora in piedi e sperare in un intervento delle autorità preposte prima di perdere anche l’ultima delle piramidi dell’Etna.