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Eptacaidecafobia: cosa c’è dietro alla superstizione di venerdì 17?  

Number 17 nailed and stapled on utility pole, Chatham, NY © Scott Keidong 2011

Oggi è venerdì 17 ed è subito…Eptacaidecafobia. Ma di cosa si tratta? 

I due giorni ritenuti sfortunati dai più superstiziosi sono il 17 e il 13, quest’ultimo in particolare nel mondo anglosassone. Se il giorno 17 cade, inoltre, di venerdì, la superstizione potrebbe arrivare al punto da compromettere lo svolgimento delle normali attività quotidiane di qualcuno. Non molti però sanno cosa ci sia veramente dietro a queste suggestioni, così radicate nella tradizione popolare. Vediamo quali eventi storici così infausti hanno reso queste date così spaventose. 

L’associazione del numero 17 a qualcosa di negativo risale all’antica Grecia. In greco esiste una parola specifica che sta ad indicare la paura per il numero 17 e questa parola è proprio “Eptacaidecafobia”. Secondo gli allievi di Pitagora, il 17 era un numero che andava evitato perché compreso tra il 16 e il 18, ritenuti numeri perfetti. L’antico testamento, inoltre, riporta il 17 come data di inizio del diluvio universale. Ma perché venerdì 17? E perché martedì 13? Il venerdì è associato al Venerdì Santo, pertanto alla morte di Gesù. Il martedì assume valore negativo poiché tradizionalmente collegato a Marte, dio della guerra.

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Nell’Impero Romano, invece, l’idea negativa associata al numero 17 è collegata al ricordo della battaglia di Teutoburgo, avvenuta nel 9 d.C. In quell’occasione, i romani combatterono contro i germani di Erminio e le legioni 17, 18 e 19 vennero completamente distrutte. A partire da quel momento quei numeri cominciarono ad essere ritenuti infausti. A questo si aggiunge l’usanza romana di scrivere sulle tombe dei defunti VIXI, che sta per “ho vissuto”, dunque “sono morto”. L’anagramma di VIXI è XVII, il numero romano che indica il 17. Facendo un volo pindarico tra i secoli si arriva poi alla smorfia napoletana dove il 17 è associato alla disgrazia. 

I paesi anglosassoni, in modo particolare, considerano sfortunato il 13.  La tradizione scandinava ricollega il numero 13 a Loki, dio temibile, ingannatore, dispettoso e a volte maligno. Loki è associato a questo numero per il fatto che il suo arrivo si collocava dopo quello dei 12 semidei. Altro evento che fa pensare al 13 come numero sfortunato è l’ultima cena, durante la quale il tredicesimo apostolo fu proprio Giuda, il traditore. Secondo Diodoro Siculo, inoltre, Filippo II, padre di Alessandro Magno, venne ucciso da una guardia del corpo dopo aver fatto collocare una sua statua affianco a quella dei 12 dei dell’Olimpo.  

Per scacciare via la mala sorte tanti sono gli amuleti, gli scongiuri e i riti. Una filastrocca scacciaguai, entrata ormai nell’immaginario collettivo come emblema di superstizione popolare, è quella che Lino Banfi recita in “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio” un suo film che costituisce un classico della commedia italiana anni ’80: “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio! Ego me baptizzo contro il malocchio! Con il peperoncino e un po’ d’insaleta, ti protegge la Madonna dell’Incoroneta! Con l’olio, il sale e l’aceto, ti protegge la Madonna dello Sterpeto! Corno di bue, latte scremeto, proteggi questa chesa dall’innomineto!”.

Ricordiamo che hanno alle spalle una lunga storia, si tratta pur sempre di superstizioni popolari. Quindi vi incoraggiamo a non essere superstiziosi con una frase di Umberto Eco “La superstizione porta sfortuna”. 

A proposito dell'autore

Simona Lorenzano

Cresciuta ad Agrigento, terra in cui ha respirato la grecità a pieni polmoni, consegue la maturità presso il Liceo Classico Empedocle. La passione per la salute e il benessere la spingono a laurearsi in Infermieristica a Catania. Scrive su Live UniCT sin dal primo anno di università e continua a coltivare il suo amore per la scrittura, la musica e le discipline umanistiche. Per citare Plinio il Vecchio: “Non lasciar passare neanche un giorno senza scrivere una riga”.