L’inflazione generale in Italia si attesta all’1,9% su base annua, in lieve calo rispetto alla stima preliminare del 2%. Su base mensile l’aumento è contenuto allo 0,1%. Tuttavia, questa apparente stabilità è controbilanciata da forti rincari nei beni alimentari e nei servizi essenziali. I prodotti alimentari non lavorati segnano un incremento del 4,2%, mentre quelli lavorati crescono del 2,2%. I servizi legati ai trasporti aumentano del 4,4% e quelli per l’abitazione dello 0,3%. Il calo dei prezzi dell’energia (-6,9% per i regolamentati e -5,8% per i non regolamentati) non basta a compensare gli aumenti che colpiscono direttamente i bilanci familiari.
Rincari pasquali e divari territoriali
Le festività di aprile, tra Pasqua e il ponte del 1° maggio, hanno portato a un’accelerazione dei prezzi stagionali. Gli alimenti più colpiti sono stati il caffè (+21,7%), il burro (+17,8%), il cacao (+15,6%), il cioccolato (+12%) e le bevande analcoliche (+8,7%). Anche gli agrumi (+9,5%), la carne ovina (+4,9%) e i formaggi (+4,8%) hanno registrato forti rincari. L’inflazione mostra poi variazioni marcate sul territorio: Genova guida con un +2,6%, seguita da Padova (+2,5%) e da Bolzano, Napoli e Rimini (+2,4%). A livello regionale, la Liguria registra l’aumento maggiore (+2,5%), mentre il Molise si conferma l’area più stabile (+1,3%).
Turismo in ripresa e export in chiaroscuro
I costi legati al turismo sono aumentati sensibilmente ad aprile, spinti dalla maggiore domanda. I voli europei sono saliti del 34,1%, quelli intercontinentali del 27,3% e i nazionali del 26,6%. I servizi alberghieri crescono del 13,1%. Sul fronte del commercio estero, a marzo si registra una flessione dell’export totale dell’1% rispetto a febbraio, con una contrazione del 5% verso l’UE e una crescita del 3,3% verso i Paesi extra-UE. Gli Stati Uniti trainano la crescita annuale con un +41,2%, soprattutto grazie ai settori farmaceutico e navale. Senza questi comparti, le esportazioni verso gli USA calerebbero del 4,1%. Intanto, le importazioni aumentano del 7,6%, in particolare per i farmaci cinesi.