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Il 29 febbraio è la Giornata mondiale delle malattie rare, l’appuntamento più importante per i malati rari di tutto il mondo, per i loro familiari e per gli operatori sanitari e sociali. Questa ricorrenza è stata celebrata per la prima volta il 29 febbraio 2008, un giorno raro per i malati rari. Negli anni non bisestili, si celebra il 28 febbraio. Per parlare dell’argomento è intervenuta ai microfoni di LiveUnict la referente regionale AISMAC, Francesca Paola Pulvirenti.
Le malattie rare in numeri
“Le malattie rare riguardano oltre 2 milioni di persone in Italia, di cui il 70 % in età pediatrica; 30 milioni in Europa e 300 milioni nel mondo – spiega Pulvirenti -. Nonostante ciò, restano sconosciute ai più e spesso anche alla comunità scientifica, come nel caso delle ultrarare e delle orfane di diagnosi“.
“Oggi più che mai – continua la referente regionale AISMAC – è necessario portare l’attenzione di tutti su queste malattie affinché nessuno sia lasciato indietro, né dalla ricerca scientifica né dalle tutele sociali“.
La necessità di una giornata mondiale
“La Giornata vuole accendere i riflettori sui problemi e le necessità che una malattia rara comporta per i pazienti e per i loro familiari. Pertanto, si rivolge ai politici, alle autorità, ai ricercatori, agli operatori sanitari e sociali, agli accademici, alle industrie del farmaco e a tutti quanti non conoscono le malattie rare o non hanno informazioni“, spiega l’intervistata.
La Giornata delle malattie rare è diventata così negli anni un evento di portata mondiale, con diverse iniziative per sostenere gli oltre 300 milioni di persone che quotidianamente affrontano il loro percorso di diagnosi e terapia. “Le iniziative sono tantissime in tutto il mondo: dalla diffusione di materiale via social, ai convegni, all’illuminazione di monumenti, ai flash mob delle associazioni“, continua la referente regionale.
AISMAC: cos’è?
Aismac è l’Associazione italiana Siringomielia e Arnold Chiari, la prima in Italia. “Si tratta di patologie neurologiche croniche e invalidanti, considerate rare ma molto più comuni di quanto non si ritenesse fino a pochi anni fa, quando la risonanza magnetica non aveva la diffusione attuale – spiega ancora Francesca Paola Pulvirenti -. Anche se non è possibile dire quante persone sono affette da Siringomielia e/o Arnold Chiari, in quanto i registri regionali delle malattie rare non sono aggiornati, si stima che siano alcune migliaia. Aismac, nello specifico, è in contatto con circa 5.000 famiglie in tutta Italia, di cui oltre 350 in Sicilia“.
Come dice l’esperta, nonostante il crescente numero di casi, le patologie sono tuttora poco conosciute dai medici: spesso la diagnosi giusta arriva dopo anni dall’insorgenza dei sintomi e molti pazienti sono addirittura presi per depressi o malati immaginari.
Fondata nel 2005, AISMAC ha quattro principali obiettivi: dare sostegno e informazioni ai pazienti e ai loro familiari; raccogliere e diffondere informazioni sulle patologie, sulle terapie, sui centri di cura, sulle normative; sostenere progetti clinici e di ricerca; sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulle problematiche e le esigenze dei pazienti.
Quanto è inclusiva l’Italia oggi?
Il Bel Paese, purtroppo, spesso si rivela poco inclusivo nei confronti delle minoranze e di chi ha più difficoltà. Nel caso delle malattie rare, come spiega Pulvirenti, la maggior parte delle persone affette in Italia (cioè quelle le cui malattie rare sono incluse nei LEA) possono ottenere l’esenzione dal pagamento del ticket sanitario. “Ma non sempre possono usufruirne – dice ai microfoni di LiveUnict l’esperta – in quanto le prestazioni fornite dal Servizio Sanitario Nazionale sono spesso accessibili in tempi troppo lunghi rispetto alle esigenze dei pazienti“.
Inoltre, non in tutte le regioni ci sono centri di riferimento veramente esperti nelle diverse malattie rare ed è comprensibile, in quanto le malattie rare sono fra le 6.000 e le 8.000. “Molte persone – spiega Francesca Paola Pulvirenti – sono costrette a viaggiare anche molto lontano per essere prese in carico. Nella nostra esperienza c’è un divario fra nord e sud Italia in particolare per quanto riguarda la disponibilità di centri diagnostici pubblici e convenzionati, che è maggiore (ma sempre insufficiente) al nord“. Ancora una volta, dunque, la Sicilia si ritrova ad essere svantaggiata rispetto al resto del paese.
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