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Scoperte 60 grotte sull’Etna, impresa dei fratelli Teri: “Cosa sapere sull’ultima”

Grotta
"Grotta 3000". Credits: Dario Teri
Si chiamano Dario e Paolo Teri e, nel corso degli ultimi anni, hanno portato alla luce oltre 60 grotte inesplorate. L’ultima, poi, presenta un carattere unico. La coppia di fratelli ha svelato ai microfoni di LiveUnict diverse importanti informazioni e curiosità in merito all’attività condotta ed il territorio etneo.

Due fratelli alla ricerca delle bellezze nascoste nel territorio dell’Etna, a dir poco sorprendente. Si fa riferimento a Dario e Paolo Teri, che nella vita sono escursionisti e maestri di sci.

Risale a maggio 2021 la scoperta di quella che sarebbe stata ribattezzata, poi, Grotta di Gravità Permanente,  in omaggio a Franco Battiato.

A questa, tuttavia, vanno accostate ulteriori fortunate esplorazioni. Tra tutte, i due esperti ripercorrono ai microfoni di LiveUnict quella più recentemente annunciata, ma che affonda radici ben più lontano.

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L’esplorazione della ‘Grotta 3000’ ha inizio in realtà nel 2015 – racconta Dario Teri –. Mi trovavo a vedere una eruzione subterminale con gli sci, attraversando la colata lavica dell’anno prima, 2014, notai alcune cavità al tempo ancora troppo calde. Segnai il punto e rimandai l’appuntamento. All’epoca però il nostro progetto di censimento delle grotte poco note non era neanche nei nostri pensieri.

Solo un paio di settimane fa – continua –  mi capitò di ripensare a quelle fratture e quando siamo giunti sul posto esattamente a 3000 metri abbiamo avuto fortuna. Abbiamo fatto due esplorazioni, l’ultima delle quali ha fatto emergere una bellissima ed ampia sala. Ed ancora non è completa a causa del ghiaccio e neve all’interno”.

Le caratteristiche della Grotta 3000

Non è difficile cogliere l’unicità della Grotta 3000: per farlo, potrebbe risultare sufficiente delinearne le peculiarità.

“La grotta offre a nostro parere alcuni aspetti naturalistici rilevanti e potrebbe essere un interessante oggetto di studio – sostiene l’intervistato –. Probabilmente è il lava tube posto alla quota più alta del Vulcano, esattamente a 3000 metri (da qui il nome). Le sale interne sono molto ampie e nella parte più bassa si trova una considerevole massa ghiaccio: è questa la cosa che stupisce di più, considerando che si tratta di una grotta formatesi nel luglio 2014, neanche 8 anni fa”.

In effetti la grotta in questione, se confrontata con altre, appare a dir poco “giovane”.

Di fatto, come sottolineato da Teri, “le cavità più famose oggi conosciute sono di decine di anni o di secoli più antiche”: la formazione dell’Abisso del Ghiaccio risale al 1947, la Grotta del Gelo viene attribuita all’eruzione del 1614-24 mentre la Grotta Polare è del 1764.

La notevole quantità di ghiaccio “ospitata” anche dalla Grotta 3000 è un aspetto che, a detta degli escursionisti, non va trascurato.

Avere più cavità con accumuli glaciali all’interno – spiega Dario Teri potrebbe portare a comprendere meglio l’andamento microclimatico al loro interno e monitorare con più efficacia la famosa Grotta del Gelo, all’interno della quale il volume di ghiaccio è in forte diminuzione negli ultimi decenni”.

Le visite: alcune raccomandazioni

Se contare i luoghi magici presenti in Sicilia inorgoglisce, apprendere di quanto vicino sorgano meraviglie come la Grotta 3000 spinge ad avventurarsi. Ma cosa deve sapere chi aspira a visitare questa ed altre cavità del territorio etneo?

“La ‘Grotta 3000’ può essere visitata in parte anche solo con casco e torcia fino a dove possibile – raccomanda Teri . Poi ha uno sbalzo acclive con una cascata di neve e ghiaccio, li occorrono ramponi e corda, chi non ha esperienza si deve fermare li.

L’accesso alla prima sala superiore presumiamo che in inverno sia chiusa o formi un pozzo verticale e richiede invece massima attenzione”.

Più in generale, tanto per le visite di grotte quanto per altre attività in montagna, l’esperto intervistato consiglia “di usare massima prudenza e di commisurare le proprie escursioni alle proprie capacità, equipaggiamenti e preparazione“.

La “sopravvivenza” della Grotta 3000: i rischi

L’ultima grotta portata alla luce dalla coppia di fratelli ha, per genere di formazione, dei “simili”.

“L’Etna vanta la presenza di tantissime grotte vulcaniche o, per usare un gergo più tecnico, di cavità reogenetiche o singenetiche”:  è quanto, di fatto, ricordato da Dario Teri, che spiega come con questo termine si faccia riferimento a cavità  “create durante i processi di solidificazione delle lave e formazione delle rocce stesse di cui sono composte”.

La nascita della Grotta 3000 è attribuibile, in particolare, all’eruzione dell’estate 2014. Ma se la sua origine è una certezza, il suo futuro appare purtroppo incerto.

“La lava del nostro Vulcano – spiega ancora l’intervistato – raggiunge i 1080° circa di temperatura e presenta condizioni chimico-fisiche e di viscosità molto favorevoli per la formazione dei lava tubes. Nella fattispecie l’Etna ‘ha deciso’ in quel periodo di attivare una eruzione sub terminale alla base dei crateri sommitali, la zona maggiormente interessata da attività eruttive.

La ‘Grotta 3000’ – continua – si trova quindi in un contesto ambientale estremamente mutevole e probabilmente in futuro il suo destino sarà quello di tante altre cavità e luoghi a noi escursionisti e appassionati molto cari e cioè di essere sommersa da successive colate laviche. Certo è un peccato, ma se ne formeranno altre. Noi possiamo solo sperare che ‘resti in vita’ più a lungo possibile”.

Dietro le quinte di un’esplorazione

Spesso, per scovare un vero “tesoro”, è necessario allontanarsi dalle zone che più si conoscono e men si temono. Tale riflessione vale anche per il territorio dell’Etna, vastissimo ed eterogeneo, e muove i passi dei fratelli Teri.

“Noi abbiamo sempre avuto la convinzione che sull’Etna siano molte di più le bellezze poco conosciute rispetto a quelle conosciute – dichiara Dario Teri –. Chi pensa di conoscere a menadito il territorio etneo si sbaglia, noi per primi non lo pensiamo affatto, anzi ad ogni nuova scoperta prendiamo contezza di quanto sia limitata la conoscenza di alcune zone. Del resto basta vedere i vari gruppi social per osservare foto bellissime, ma che ritraggono più o meno sempre luoghi noti e facilmente raggiungibili.

Noi – continua  non facciamo altro che abbandonare queste zone e camminare per chilometri sulle sciare laviche etnee per raggiungere i nostri obiettivi che spesso si trovano in zone molto impervie. Siamo mossi da tanta curiosità”.

Chiunque legga o ascolti di questo genere di scoperte, soprattutto senza porre la giusta attenzione ai particolari, potrebbe dedurre si tratti di semplici “colpi di fortuna”. I fratelli Teri svelano in cosa consista il proprio operare, dimostrando come il ritrovamento di cavità non sia affatto banale o casuale.

“Le nostre esplorazioni – chiarisce Dario – partono da una pianificazione meticolosa al computer con la consultazione delle foto satellitari e una lettura della morfologia del terreno. Poi è necessaria un’esplorazione diretta sul campo. A volte dopo aver percorso chilometri troviamo solo una depressione o una piccola cavità a volte siamo più fortunati”.

Un’altra menzione merita, poi, l’Etna Lava Tubes Project: un censimento contenente le schede delle grotte etnee poco note o sconosciute, messo a punto proprio dai due fratelli e diverso dalle esplorazioni in quanto non esattamente pianificato.

È effettivamente partito per caso – confessa l’intervistato –, catalogando i sentieri antichi e le mulattiere percorse dai nostri avi che in molte occasioni passavano da grotte usate per svariati utilizzi”.

Il censimento in questione “dimostra proprio che anche nel 2022 ci sono luoghi amèni ancora poco esplorati”.

Una grotta prediletta

Le grotte inesplorate finora individuate dai fratelli Teri non sono per certo poche. Come da loro indicato, quelle portate alla luce in meno di quattro anni di ricerche, e “in un territorio relativamente ristretto e battuto in lungo e largo da appassionati, guide, turisti”, superano quota sessanta. Resta da chiedersi se a qualcuna di queste Dario e Paolo si sentano particolarmente legati.

“È un po’ difficile rispondere – confessa Dario Teri – perché ogni cavità ha proprie caratteristiche e con alcune, sembrerà strano, vi è anche un legame affettivo personale perché le abbiamo dedicate a persone a noi care come nel caso della Grotte Carlotta, Damiano, Cecilia, Piera e Riccardo o a persone che non ci sono più ma che hanno lasciato il segno come la Grotta Giovanni Tringali, autore del bellissimo volume sugli Oronimi dei crateri dell’Etna. Ci sono poi ipogei con delle caratteristiche morfologiche particolari, come nel caso della affascinante Grotta Amazzonia sulle lave 1651 nel territorio di Bronte.

Credo che però la nostra prediletta rimanga ad oggi la Grotta Polare – ammette –. Questa cavità posta a 2014 mt sul versante nord ovest, risulta oggi essere, alle conoscenze attuali, la cavità contenente un piccolo ‘ghiacciaio’ più a Sud d’Europa, spodestando (a malincuore in verità) il primato alla più famosa Grotta del Gelo. Una delle esplorazioni più belle che abbiamo avuto il piacere di fare. Entrare in una cavità in piena estate con temperature sotto lo zero all’interno e venti gradi all’esterno: davvero straordinario”.

“Etna, montagna cangiante”

I fratelli Teri hanno “stretto amicizia” con il territorio etneo oramai diversi anni fa. Hanno gradualmente imparato ad esaltarne i pregi e fare i conti con qualche difetto ma hanno soprattutto capito che l’Etna presenta mille sfaccettature, sempre nuove e stupefacenti. A tal punto che non è possibile affermare con sicurezza di conoscerla a pieno.

“L’Etna è un territorio straordinario, molto vasto, che nasconde moltissimi tesori naturalistici – chiarisce, infine, Dario Teri –, molti più di ciò che gli stereotipi turistici o le pubblicazioni oggi presenti inducono generalmente a credere. Basti pensare a quanto sono vaste alcune distese di lava come la Sciara del Follone, eppure tanti pensano di conoscere bene quel territorio solo per essere arrivati qualche decina di volte alla Grotta del Gelo. Ma in realtà solo su quella colata non bastano anni di esplorazioni,  data la sua vastità”.

Il tempo potrebbe forse allentare l’intensità di questo legame? Le ultime parole dell’intervistato non lasciano spazio ai dubbi.

A chi mi chiede se sono stanco di fare escursionismo sul nostro Vulcano rispondo che no, non penso mi stancherò mai – conclude l’escursionista –. È una montagna viva, cangiante nella sua essenza di vulcano e mutevole nel corso delle stagioni. Lo stesso luogo conosciuto in estate sembra un altro in inverno.  Impossibile non innamorarsi.

Infine la curiosità di esplorare e a volte avere la fortuna di trovare luoghi nuovi è per noi davvero motivante e gratificante”.

A proposito dell'autore

Marzia Gazzo

Marzia Gazzo nasce a Catania il 6 giugno 1998. Laureata in Lettere Moderne, collabora con la testata LiveUnict da maggio 2018. Da dicembre 2020 è coordinatrice della redazione. Ama leggere belle parole, ascoltare voci, raccontare storie.