Esiste un curioso legame, a tratti inspiegabile, che unisce i catanesi alla loro Etna, un legame strano, fatto certo di timore e di reverenziale rispetto, ma anche di affetto, fiducia e attaccamento. Sebbene difficile da spiegare, questo nodo indissolubile tra la “Montagna” e i suoi cittadini si dipana attraverso la storia, tra racconti popolari, miti e leggende più o meno veritieri, in cui il Vulcano assume quasi la figura di una madre vivifica e distruttiva al tempo stesso.
Nei secoli le varie eruzioni, che nel tempo hanno via via cambiato il paesaggio etneo e plasmato il popolo catanese, hanno poi dato adito alla diffusione di storie fantasiose ambientate ai piedi dell’Etna, in cui mitici e coraggiosi eroi, sfuggendo alla furia devastatrice della lava, si distinguono per coraggio e nobiltà d’animo. È questo il caso della leggenda riguardante i fratelli Pii, celebrati per il loro valore e il loro grande sentimento di pietas, che, ancora oggi, li ergono ad esempio per l’intera comunità.
Non è un caso, infatti, che persino uno dei quattro monumentali candelabri posti in piazza Università rappresenti proprio la vicenda legata ai due nobili giovani. Ma quali saranno mai state, dunque, le gesta così eroiche dei due fratelli tali da meritare queste celebrazioni?
La leggenda narra che ai piedi del maestoso e temibile monte Etna vivesse una famiglia di agricoltori, i cui due figli maschi, forti e valenti, si occupano di curare la terra e di guadagnarsi da vivere. Un giorno, tuttavia, mentre erano intenti nel loro lavoro nei campi, furono colti da un’improvvisa e violenta eruzione che imperversava e minacciava di giungere fino al luogo in cui i due fratelli Pii vivevano insieme agli anziani genitori.
In preda al panico decisero, quindi, di fuggire, ma i genitori, non più giovani e in forma come un tempo, non erano in grado di sostenere il passo veloci dei figli ed erano rimasti abbastanza indietro. Impietositi e contraddistinti da una grande devozione filiale, i due giovani presero sulle spalle i due anziani, rallentando inevitabilmente il loro passo e con la lava che era ormai praticamente prossima dal sommergerli.
La lava, infatti, raggiunse Catania, sommergendo il centro storico e parte dell’Amenano (fu in quell’occasione che, probabilmente, ebbe origine il Lago di Nicito). Miracolosamente, però, il magna, giunto a un passo dai fratelli Pii, si aprì in due lingue di fuoco, lasciando completamente incolumi i giovani e i loro genitori.
La popolazione catanese fu talmente stupefatta dall’accaduto da soprannominare i due fratelli “Pii”, per l’appunto, mentre il luogo che avevano attraversato, sfuggendo alla furia distruttiva dell’Etna, “Campi Pii”. Inoltre pare che gli stessi abitanti di Katane, l’antico insediamento dei Sicani su cui sorge l’attuale città di Catania, fossero particolarmente legati a questo mito, al punto da rappresentarlo sulle monete che usavano per gli scambi commerciali.
Infine, sembrerebbe che il racconto delle prodigiose gesta dei due giovani catanesi sarebbe giunto fino alle orecchie dello stesso Virgilio, uno dei più grandi autori in lingua latina, il quale avrebbe tratto ispirazione dalla vicenda per plasmare l’animo pietoso del suo protagonista Enea, quando, fuggendo dalla città di Troia ormai in fiamme, caricò sulle spalle l’anziano padre, traendolo in salvo.