Il Musicultura è il punto di riferimento della musica italiana contemporanea e popolare, che si propone come obiettivo quello di lanciare nuove proposte nel mondo della musica. Il festival è stato per molti artisti italiani un trampolino di lancio nella loro carriera artistica; tra i vincitori delle scorse edizioni ci sono nomi come Mirkoeilcane, Simone Cristicchi e Povia. Quest’anno, invece, tra i 16 finalisti, selezionati tra più di 700 partecipanti, c’è anche un catanese.
Paolantonio, originario di San Pietro Clarenza, ha lasciato pochi anni fa il suo paese per dedicarsi completamente alla musica. Una scelta coraggiosa e rischiosa in un mondo che chiede ai giovani maggiore praticità e meno sogni nel cassetto. “Ho scoperto di voler fare il cantante tardi – racconta il musicista ai microfoni di LiveUnict -, ho sempre sperato che la musica diventasse il mio unico lavoro, anche se continuavo a farne un altro. Mi è servito molto tempo per capire che avrei dovuto decidere io. E così, un giorno mi sono licenziato e sono partito per Milano con un biglietto di sola andata in cerca di fortuna”.
Sicuramente non capita tutti i giorni di dire “Mamma, voglio fare il cantautore”. “Sono stato fortunato – continua Paolantonio – perché la mia famiglia non mi ha mai ostacolato in questo percorso, anzi, mi ha sempre sostenuto con un certo entusiasmo. Non vengo da una famiglia di artisti, né di intellettuali, ma i miei hanno capito che la musica è la mia vita e mi seguono con passione”. Il suo non è stato un percorso facile. “Ho ricevuto tantissimi no e tantissimi forse, che sono quelli più indigesti”, racconta il cantautore per esemplificare le difficoltà che ha dovuto affrontare.
Oggi, in parte, si potrebbe pensare che intraprendere la carriera di artisti sia molto più semplice rispetto al passato: le proposte televisive sono pieni di programmi di talent scounting e social e piattaforme video come Youtube fanno da contorno, tuttavia la realtà è ben diversa. “Oggi chiunque crede di poter fare musica, ma è solo un’illusione – svela il musicista -. Ci sono più cantautori che canzoni d’autore. L’offerta musicale è talmente ampia che, chi vale, trova enormi difficoltà a raggiungere il pubblico. Bisogna ricordare, per quanto riguarda i talent show, che si tratta di programmi televisivi il cui unico scopo è fare ascolti e non di proporre buona musica”.
Quest’anno, tuttavia, a dispetto delle mille difficoltà, potrebbe arrivare una svolta definitiva per la carriera di Paolantonio, grazie alla sua partecipazione all’edizione 2019 di Musicultura. “Musicultura è una tappa obbligatoria per ogni cantautore. Da quando ho deciso che nella vita avrei fatto il cantautore, ho sognato quel palco dove sono saliti i grandi, come Lucio Dalla e Pino Daniele”, racconta il cantante a proposito della rassegna musicale che lo vede tra i finalisti.
L’artista catanese è in gara con una canzone che riapre una delle più dure pagine di cronaca nera, rimasta ancora irrisolta, quella della morte di Giulio Regeni. Si chiama “Questa assurda storia” e il testo è abbastanza intenso. In passato, nei suoi brani Paolantonio ha toccato temi di attualità, come la mafia e il pizzo in “Piacere Salvatore”, il coming out di un ragazzo gay in “Son felice” e, infine, il tema dell’accoglienza con “Lampedusa”.
“Mi ritengo un cantautore militante – ci spiega –. Da sempre l’impegno civile è una cifra stilistica della mia scrittura, ma anche una direzione umana”. E il perché ha sentito l’esigenza di scrivere una canzone sul caso Regeni lo motiva così: “All’indomani della scomparsa di Giulio, ho sentito l’emergenza di raccontare quella storia attraverso una canzone. Era una mia esigenza personale. Non pensavo minimamente a premi e concorsi. Era un brano chitarra e voce che ho lasciato maturare per anni e che ho pubblicato solo in occasione del terzo anniversario della sua scomparsa. Senza destare alcun clamore e senza neanche impegnarmi tanto per ottenerlo, ‘Questa assurda storia’ è la mia promessa personale a Giulio: la canterò per ricordarlo in ogni concerto della mia vita, fino a quando non ci saranno verità e giustizia per lui”.
“Non lo conoscevo, ma l’ho sentito vicino a me e ai miei ideali – dichiara Paolantonio a proposito delle cose in comune che lo hanno spinto a lottare per la verità sul caso Regeni -. Come lui, ho vissuto in un Paese sotto dittatura, la Tunisia. Sono stato lì per studiare l’arabo nell’anno prima della rivoluzione dei gelsomini. Anche se non mi sono mai trovato in pericolo, ricordo bene la repressione della polizia, la censura dei media, Youtube oscurato, le spie in borghese e l’impossibilità di fare domande che riguardassero la politica. Quel periodo l’ho condiviso con molti europei come Giulio; ho sempre pensato a lui come uno di loro”.
Paolantonio ha collaborato con alcuni nomi del panorama contemporaneo della musica italiana, tra cui Cristicchi, di cui ha aperto diversi suoi concerti. “Ho avuto la possibilità di arrivare a Simone tramite il manager che mi seguiva – ammette -, che è anche suo amico, e lui ha accettato di buon grado. Ne sono stato onorato. Simone è un artista straordinario, da sempre un mio riferimento”.
Inoltre, Paolantonio è un artista impiegato nel sociale: ha suonato negli ospedali collaborando con Officine Buone Onlus e insegna l’italiano agli adulti e bambini stranieri per conto dell’associazione “La Tenda”. Progetti futuri? Tante canzoni già scritte e metterle in un disco.