La rilevanza e il problema dell’inquinamento legato alla plastica derivano dalla sua economicità e dalla sua alta durabilità nel tempo e quindi alla produzione di grandissimi quantitativi della stessa per i più svariati usi.
Ed ecco che finalmente, dopo anni di ricerche, è stato trovato il metodo per ‘distruggere’ la plastica rendendola biodegradabile. I due enzimi – già scoperti nel 2016 – tramite la decifrazione e lo studio della loro struttura, sono stati sintetizzati in laboratorio al fine di ottenere varianti più efficienti rispetto ai naturali e per averne in quantità pressochè illimitate. Il risultato pubblicato sulla rivista Nature Communications dall’università tedesca di Greifswald e dal centro Helmholtz di Berlino e la struttura Bessy per la luce di sincrotrone.
La plastica comunemente utilizzata per produrre le bottiglie è il Pet – polietilene tereftalato. Nel 2016 il Kyoto Institute of Technology aveva scoperto il batterio – Ideonella sakaiensis 201-F6 – capace di nutrirsi di questa plastica e di digerirla tramite l’azione di due enzimi: il Petase (che si attiva in presenza di acqua) e il Mhetase (che si occupa della completa degradazione)
Tramite degli studi inglesi – condotti fra Gran Bretagna e Stati Uniti – nell’aprile 2018 è stata decodificata la struttura del Petase. Ora conosciamo anche la struttura del Mhetase. Nel processo di sintesi il Petase è il primo ad entrare in azione, agendo una prima scomposizione; subentra poi il Mhetase scomponendo i frammenti fino a ottenere gli elementi base del Pet: l’acido tereftalico e il glicole di etilene.
Il prossimo passo dei ricercatori sarà , dopo un’analisi più approfondita della struttura, usare gli enzimi per decomporre la plastica in un ciclo chiuso tramite il quale sarà possibile ottenere gli elementi per ri-produrla.













