Gli assorbenti sono un bene di lusso e il ciclo mestruale ancora un tabù: si tratta di una questione politica, culturale e sociale che, negli ultimi anni, in Europa ha acquisito sempre maggiore risonanza, ma che in Italia tutt’oggi fatica a essere ben recepita. Nel nostro Paese, anno di grazia 2019, tamponi e assorbenti non sono considerati come un bene di prima necessità e per questo tassati al 22%. Nel nostro Paese, parlare liberamente di mestruazioni rimane, in qualche modo, una provocazione o un’oscenità.
Da questa consapevolezza, di recente, sono derivate tutta una serie di iniziative, progetti, campagne che, lentamente, stanno tentando di abbattere frontiere e di smuovere coscienze. Proprio in occasione dell’8 marzo, in questi giorni, sono state lanciate – da gruppi, collettivi, singole personalità – delle vere e proprie iniziative che si muovono in questa direzione. Iniziative, tra l’altro, che si pongono in netta contrapposizione con trovate anacronistiche e reazionarie come quelle di Trenitalia e della Lega Nord di Crotone che sono diventate virali sul web qualche giorno fa.
Nei bagni dell’Università di Bari, da ieri, sono comparsi dei “tampon box”, scatoloni rosa al cui interno è possibile lasciare tamponi e assorbenti puliti a disposizione di chiunque ne abbia bisogno. Accanto agli scatoloni un messaggio: “Le mestruazioni non sono una scelta, la solidarietà sì. Lascia un assorbente per chi potrebbe averne bisogno, prendilo se ne hai bisogno tu!”. L’obiettivo, in questo caso, è duplice: smantellare un tabù sociale, ma soprattutto sottolineare il controllo del sistema patriarcale anche da un punto di vista economico.
“Sono rimasta piacevolmente sorpresa da questa iniziativa – dichiara Mariangela, studentessa dell’Università di Bari, ai microfoni di LiveUnict – perché nella sua semplicità va dritto al cuore del problema. È bastato uno scatolone perché si potesse ovviare al problema che tutte abbiamo avuto una volta nella vita: non avere un assorbente ed essere colte di sorpresa dal ciclo. Spinge inoltre a essere più solidali con le altre donne (dato che lo abbiamo tutte, ma forse ce ne dimentichiamo) e anche a smetterla di considerare le mestruazioni come qualcosa di vergognoso. Quando ero più piccola e meno consapevole, mi è capitato spesso di chiedere un assorbente sottovoce, ma perché dovrei vergognarmi? È una cosa naturale!”
Sulla stessa linea si pone l’iniziativa di alcune donne che, da qualche tempo, nei luoghi in cui quotidianamente lavorano, hanno deciso di mettere a disposizione delle proprie clienti assorbenti e tamponi in maniera totalmente gratuita. Claudia, nei bagni del proprio centro benessere a Torino, offre alle sue clienti un piccolo set con salviette, assorbenti e fazzoletti di carta. Lo stesso per Martina nel suo ristorante vegano a Caserta, e per Petra che nel suo ufficio ha fatto una piccola aggiunta:
“Lavoro come assistente sociale e nei nostri uffici, è facile trovare cestini pieni di caramelle – racconta ai nostri microfoni –. Credo sia una gentile abitudine di molti uffici aperti al pubblico. Al mio cestino io ho pensato di aggiungere anche degli assorbenti. Sembra assurdo, ma il mio gesto spesso ha bisogno di essere spiegato, come se le mestruazioni fossero un fatto da giustificare. In bagno gli assorbenti non si trovano mai, mentre la carta igienica o addirittura i pannolini per i bambini sì. Le mestruazioni non sono una scelta e, oltre al fatto che gli assorbenti sono ancora considerati come un bene di lusso, parlarne è un tabù. Li chiediamo a voce bassa, li nascondiamo nella manica, chiamiamo le mestruazioni con nomi diversi. Non sarà molto offrirne qualcuno su una scrivania, ma il cambiamento parte dal piccolo di ognuna di noi”.
Tutte queste esperienze, benché circoscritte, rivelano tuttavia un pensiero e una volontà ormai comune: minare dall’interno e nel proprio piccolo un sistema che sembra traballare a vista d’occhio. “Spero che in futuro le cose possano cambiare in modo più concreto, che gli stereotipi, i tabù e le differenze di genere vengano abbattuti, ma è bene ricordarci che se nessuno ne parla le cose non cambieranno mai”, conclude Mariangela.