Arte In Copertina

Il catanese Domenico Scalisi racconta l’arte Creepy Cute: “Un misto tra macabro e dolce”

Domenico Scalisi, 31 anni, originario della provincia catanese, è un artista del surreale. La Creepy cute art gli ha permesso di raggiungere i primi significativi traguardi nel panorama artistico internazionale.

Quando immaginiamo l’arte, nei suoi mille scenari possibili, guardiamo spesso al passato, vivendo il presente come povero di idee e di bellezza. È uno stereotipo che si è declinato variamente nel corso della storia dell’arte.

Ma anche i moderni, nella loro piccola o grande dimensione, ci riescono spesso a regalare idee originali e a creare correnti artistiche di successo… come la Creepy cute (traducibile in italiano come Raccapricciante bellezza), una forma d’arte che abbiamo tutti conosciuto grazie ai film in stop-motion Nightmare before Christmas e La Sposa cadavere, entrambi prodotti da Tim Burton. Caratteristica principale è modellare il macabro esaltando la bellezza della forma. Ecco che soggetti atipici come uno scheletro o un cadavere possono prendere sembianze dolci e lineamenti armonici, creando un contrasto orrido-bello affascinante quanto misterioso.

L’artista catanese Domenico Scalisi può essere considerato a tutti gli effetti un esponente nostrano di questa nuova arte. Classe 1986, illustratore e scultore del surreale, Domenico si è formato all’Accademia delle belle arti di Catania, anche se lasciata per inseguire il suo sogno in Italia e nel mondo.

Ci racconta di sé: “Ho scelto questo stile chiamato Creepy cute, un misto tra macabro e dolce, perché rispecchia la mia visione poetica del mondo circostante, una visione insieme grottesca e gotica dell’esistenza. Il tutto centrato sull’antropomorfismo, per cui nelle mie creazioni vedrete vari oggetti di uso comune e non, con sembianze umane… Ogni forma può prendere vita!”.

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Un’operazione di per sé complessa, perché si tratta di dare corpo (e anima) ad oggetti che ne sono privi.È un po’ come vivere una favola. – continua– Immagini questi oggetti prendere vita e muoversi come fossero un essere umano. E poi è uno stile già presente da secoli nell’arte umana, sotto diverse forma, anche letterarie, basti pensare ai miti o le leggende che vedono mescolati insieme uomini e animali o uomini e oggetti naturali/fisici”.

Una propensione verso questo stile che nasce quasi istintiva nell’arte di Domenico, che ci spiega: “Ho sempre disegnato, fin da piccolo, fino a quando non ho pensato di dare una forma 3D alle mie immagini e quindi ho iniziato a modellare i miei personaggi. L’ultimo passo sarà quello di dare vita ai miei disegni, tramite computer e la tecnica dei cortometraggi in stop-motion”. Si tratta di lavorare su singoli fotogrammi che insieme racchiudono movimenti ed espressioni, animandoli poi in un corto finale.

Essenziale poi, per la vita di un artista, è il riconoscimento da parte del pubblico. “Ho iniziato con le fiere del fumetto, – ci racconta – ma lì non riuscivo a sentirmi artisticamente soddisfatto, perché finivo con il riprodurre personaggi non miei, diventava come un limite. Allora mi sono deciso ad esporre nelle gallerie d’arte commerciali, come la Rotofugi Gallery di Chicago (ormai 3 anni fa), e in varie gallerie di Los Angeles e Ohio; mentre in Europa ho esposto a Berlino. Qui è imposto solo il tema mentre le creazioni sono totalmente lasciate all’ispirazione personale. Inoltre, il contatto con altri artisti e l’acquisto delle opere da parte dei collezionisti mi permette di ricevere i meriti e le soddisfazioni indispensabili per comprendere la direzione da seguire”.

Tre anni fa la prima mostra in galleria e la prima opera chiamata The creator of nightmares, ovvero Il creatore di incubi in italiano, a cui Domenico si sente particolarmente legato:In quest’opera ci sono io che manovro due burattini, uno dei quali conficca dei chiodi negli occhi dell’altro: appunto crea un incubo.
E questa immagine, così crudele ma esemplificativa, è tratta da una poesia di Tim Burton intitolata ‘Il bambino con i chiodi negli occhi’. Il tema della mostra era proprio un tributo al regista e l’ho voluto realizzare immergendomi io stesso in una sua poesia. Anche il dettaglio della pittura è un chiaro riferimento a lui: la base è una scacchiera in bianco e nero, che insieme con le spirali è un topos dell’arte grafica di Burton”.

“Inoltre, – continua Domenico – voglio far notare l’espressione né crudele né impaurita, bensì malinconica del protagonista, in contrasto con l’incubo da lui creato”. È questa capacità espressiva di contrasto una caratteristica essenziale e tipica delle sue opere, che si richiamano oltre a Tim Burton anche ad autori vari come il pittore Mark Ryden e il regista messicano Guglielmo Del Toro.

Un inizio di successo che non ha fatto perdere all’artista il legame con la sua terra, come ci dice lui stesso: La Sicilia la porto dentro di me e mi piacerebbe un domani poter portare la mia arte proprio nella mia terra natia, dove il genere che uso non è ancora conosciuto”.

Lo studio – conclude Domenico – è fondamentale! Insieme con la tenacia, la volontà di mettersi in discussione e sperimentare sempre nuove espressioni, per differenziarsi da ciò che già si vede in giro. Fare di tutto per farsi conoscere è il consiglio più importante che sento di dare a chi come me è partito da zero nel mondo dell’arte”.