I nuovi dati Ocse promuovono l’Italia e il suo sistema educativo, che ridurrebbe in maniera significativa il divario salariale dei propri studenti. Sfortunatamente, però, le differenze si farebbero sentire nuovamente all’università e nel mondo professionale, un dato comune a tutti i paesi presi in considerazione.
Cominciate pure a strabuzzare gli occhi, restate a bocca aperta, lanciatevi, se volete, in esclamazioni ed espressioni di stupore. La scuola italiana sembrerebbe non essere poi quel colossale, fantasmagorico fallimento ipotizzato da tutti noi. O, per meglio dire, non lo sarebbe sotto ogni punto di vista. Nessuno ci avrebbe, infatti, scommesso, eppure gli ultimi dati resi pubblici dall’Ocse, osservati su un campione di circa una ventina di nazioni dei cinque continenti, descriverebbe la scuola pubblica del Bel Paese come più inclusiva da un punto di vista del gap salariale, vale a dire del divario tra ricchi e poveri. Poca o nessuna rilevanza avrebbero, difatti, l’estrazione sociale, la professione dei genitori, la situazione economica di appartenenza sul rendimento scolastico degli alunni, osservato in relazione alle principali materie di studio (letterarie e matematiche).
Lo studio, condotto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, mette in relazione due differenti spunti di indagine: la Pisa, indirizzato agli scolari di età media, intorno ai quindici anni, attraverso cui si mira ad analizzare le competenze e conoscenze basilari acquisite durante il percorso d’istruzione, e la Piaac, che verifica, al contrario le abilità utili all’individuo ormai adulto all’interno di un contesto professionale e sociale. Sommando i due indici, gli studiosi sarebbero così giunti alla conclusione che, dopo il diploma, le differenze in merito al rendimento tra studenti avvantaggiati e meno tenderebbero a crescere esponenzialmente in tutti i Paesi analizzati, eccezion fatta per Canada, Corea e Stati Uniti.
Sfortunatamente neanche il nostro Paese si discosta da questo dato allarmante, registrando un incremento delle distinzioni tra le classi, in ambito universitario dapprima, professionale successivamente. La buona notizia arriva, tuttavia, proprio dall’istituzione scolastica, in quanto, in termini di preparazione, la cara vecchia scuola pubblica consentirebbe una paritaria istruzione di tutti i propri allievi, siano essi altolocati e benestanti o indigenti e di umili origini. In particolare, dalla ricerca emerge che il divario relativo all’istruzione dei genitori, sempre all’età di quindici anni, sarebbe di medie dimensioni nel Bel Paese, come in Francia, Australia, Finlandia, Germania,Irlanda. Si tratta di un risultato non irrilevante che, sebbene non ottimale e certamente migliorabile, getta luce, almeno per una volta, non sulle innumerevoli e ormai note carenze del sistema educativo italiano, bensì sulla sua natura inclusiva e paritaria. Un punto, questo, da cui ripartire alla volta di quella tanto auspicata e necessaria rivoluzione della scuola pubblica che tutti aspettano già da tempo.