Stop al mantenimento dei figli trentenni che non lavorano
Qualcuno li chiama “bamboccioni”, altri “figli di papà”, altri eterni Peter Pan. Sta di fatto che sono sempre più numerosi gli “ultramaggiorenni” che a 30 anni sono ancora piacevolmente mantenuti da mamma e papà. Questa volta arriva uno schiaffo morale per tutti quelli che credono di poter dipendere dai genitori all’infinito. Indipendentemente dalla motivazione, più o meno seria e motivata, infatti la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 12952/2016, accogliendo il ricorso di un padre a cui un giudice aveva negato la richiesta di revoca del contributo economico versato a favore dei due figli maggiorenni, dispone il definitivo stop all’assegno di mantenimento ai figli maggiorenni che non hanno raggiunto autosufficienza economica per atteggiamento di inerzia o ingiustificato rifiuto di occasioni di lavoro.
“L’obbligo genitoriale di mantenimento del figlio maggiorenne, precisa il ricorrente, persisterebbe finché il genitore interessato dimostri che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica (da intendersi quale reperimento di uno stabile lavoro che gli consenta un tenore di vita adeguato e dignitoso), ovvero sia stato posto nelle concrete condizioni per essere autosufficiente e, ciò nondimeno, pur potendo, non si sia attivato almeno per la ricerca seria e concreta di un lavoro adeguato alle sue aspirazioni e al percorso formativo di studi svolto”.
Ma il padre evidenzia che la figlia, 33 anni, dopo la laurea e l’abilitazione, aveva ripetutamente rifiutato corsi di perfezionamento, esperienze lavorative. Il figlio minore invece, 30 anni, dopo aver cambiato diversi indirizzi di studi universitari, non aveva nel corso degli anni conseguito alcun titolo.
Concludono i giudici, “la cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa ed, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta dal raggiungimento della maggiore età da parte dell’avente diritto”.