Nella desolazione di una via Etnea silenziosa nel pomeriggio di domenica scorsa, mentre continuavo a guardare con ansia l’orologio, preoccupata per il mio pessimo inglese, ho alzato gli occhi e visto una coppia di ragazzi.
Si vedeva immediatamente che non erano catanesi: le facce dell’Erasmus si riconoscono facilmente, a maggior ragione se ti ritrovi dei “pilastri” altissimi, biondi e con gli occhi azzurri. Erano loro: la coppia tedesca sbarcata a Catania due settimane fa con l’adorabile figlia di otto mesi, Charlotte. Lui si chiama Stephaen, lei invece Josephine: a vederli fanno tenerezza! Camminano con uno sguardo pieno di dolcezza mano nella mano con la bambina dietro le spalle, all’interno di una borsa-marsupio.
– Eleonora?- Mi dice sfoderando un caloroso sorriso Stephaen. Annuisco, sforzandomi di elaborare una frase da dire in inglese quando lui aggiunge in italiano.
– Ciao, io sono Stephaen, lei è Josephine e questa è nostra figlia Charlotte!- “Evviva!” ho pensato “parlano l’italiano!”. Peccato che l’idillio è durato poco perché hanno cominciato a parlare in inglese e lì ho capito che non avevo scelta. Parlare bene l’inglese è diventata una cosa importantissima: è un ponte linguistico internazionale che, in un mondo globalizzato come il nostro, è indispensabile conoscere. Ecco che, facendomi coraggio, li ho invitati gentilmente ad accomodarci al bar della Feltrinelli per iniziare l’intervista. Un’intervista che è durata un’ora, un’ora volata via senza che nessuno se ne accorgesse.
Stephaen e Josephine sono una coppia di fidanzati di 24 anni ciascuno, molto affiatati, simpatici e disponibili. Ci sediamo e tra una tazza di cioccolata e la piccola Charlotte che gioca con la mia penna cominciano le domande:
Da dove venite? Veniamo dalla Germania, in particolare da Costanza, una piccola città, un po’ come Catania.
Quando siete arrivati? Due settimane fa.
E’ la prima volta che visitate la Sicilia o siete già stati altre volte?
No, è la prima volta. Gli anni scorsi abbiamo visitato altre città italiane: Verona, Venezia, Sorrento ma non eravamo mai giunti qui in Sicilia.
Quanto tempo starete a Catania? Torneremo a casa tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, sei mesi circa.
Che ne pensate della città? Vi piace? Sì, Catania ci piace. E’ molto bella: l’architettura è il genere che noi preferiamo, diversa da quella tedesca, il Monastero dei Benedettini, per esempio, è davvero favoloso. La città è piccola rispetto alle altre grandi metropoli che abbiamo visitato. E’ a misura di uomo quindi abbastanza vivibile, diventa piacevole passeggiare e apprezzare il clima così mite ma ci sorprende molto vedere tanta gente il sabato mentre così poca confusione la domenica pomeriggio.
Trovate qualcosa di diverso rispetto alle vostre università? In realtà
Universität Konstanz
sono piuttosto simili: forse, dal punto di vista strutturale, mentre la zona universitaria a Costanza è concentrata in un unico polo dove troviamo mensa, biblioteche, aula studio, qui le vari sedi sono collocate in modo sparso: la mia facoltà di economia, si trova in Corso Italia, quella di Josephine invece ai Benedettini. Sarebbe più comodo averle concentrate in uno stesso punto, in modo da non perdere troppo tempo spostandosi da una zona all’altra. Per quanto riguarda il metodo di studio, non notiamo particolare differenze: anche da noi, come qui, le lezioni sono frontali e supportate da un elaborato power point che viene proiettato. Le slide, specie per noi studenti Erasmus, sono molto comode: ci permettono di seguire e capire più facilmente la lezione. Noi siamo appena arrivati, stentiamo a malapena qualche parola in italiano, quindi io copio le slide e poi a casa le rivedo e traduco i vocaboli che non conosco.
Viene difficile conciliare lo studio, seguire le lezioni e prendersi cura della bambina? Non avete qualcuno che vi aiuti, quindi dovete fare tutto da soli…In effetti non è facile: avevamo provato a portare la bambina la scorsa settimana a lezione, ma l’audio del microfono la infastidiva, non stava un attimo ferma, la confusione la eccitava e a un certo punto ha cominciato a piangere. Tentativo fallito ci diamo i turni. Per esempio, il giovedì io ho lezione dalle due alle quattro del pomeriggio, Josephine ha lezione dalle quattro alle sei. Quindi non appena finisco, corro subito a casa per darle il cambio con Charlotte.
Quando studiate? Quando Charlotte ce lo permette … Di solito ci diamo i turni, facciamo un po’ ciascuno. C’è di buono che solitamente la bambina dorme dalle dieci alle dodici del mattino, in questo intervallo, abbiamo tempo per rilassarci e occuparci delle nostre cose:studio, casa, lavoretti così. Di solito quando torniamo dalle lezioni pomeridiane siamo tutti stanchi, così preferiamo uscire e andare in giro per Catania.
Avete già visto altri posti oltre Catania? Siamo stati a Siracusa, Acireale e ad Adrano. Pensiamo di andare anche a Palermo, magari Taormina, Ragusa, Cefalù, Agrigento..
Come vi spostate? Abbiamo a nostra disposizione un’automobile. Dobbiamo passare in Sicilia sei mesi: non abbiamo bisogno di una macchina per muoverci dentro la città, per spostarci fuori da Catania invece sì.
Dove alloggiate in questo momento? Presso una famiglia ospitante, casa dello studente, hotel, B&B? Ci hanno fornito un appartamento vicino alla via Vittorio Emanuele, una casa accogliente e piccolina, adatta alle nostre esigenze; c’è anche un balcone!- Risponde contenta Josephine
Qual è il vostro corso di laurea in Germania? In Italia, Stephaen frequenta la facoltà di economia, mentre a Costanza il mio corso di laurea è “Scienze politiche, economia e francese”, io frequento qui Scienze della Comunicazione, invece in Germania l’equivalente è “Lettere, arte e media”.
Cosa pensate delle nostre università, dei nostri docenti, del metodo di studio portato avanti qui a Catania? Come ti dicevo prima, le due realtà, quella di Costanza e quella catanese, sono molto simili, i nostri atenei accolgono forse qualche studente in più, ma parliamo di una differenza esigua; sono tutte ben concentrate su un unico punto; il metodo di studio è simile, l’unica differenza evidente è la lingua: qui le lezioni sono in italiano, lì in tedesco. Noi siamo qui specialmente per imparare la lingua: conosciamo già il tedesco, l’inglese, un po’ di spagnolo, il francese e ora stiamo facendo i primi passi con l’italiano.
La storia di Stephen e Josephine ci ha molto colpiti. Dovrebbero essere per noi tutti un modello a cui guardare. La loro vicenda è traboccante di dolcezza e tenerezza: ci commuove vederli così giovani e responsabili, così ben organizzati nel fare i turni per studiare e prendersi cura della loro figlia. Sono in tanti i ragazzi che per diversi motivi si rifiutano di portare avanti una gravidanza, ben consapevoli delle tante difficoltà a cui vanno incontro: perché rifiutare alla spensieratezza della gioventù, ai tanti divertimenti, ai viaggi e a quella vasta gamma di esperienze che solo a vent’anni possono farsi per “l’errore di una sera”? Sottolineando assolutamente il libero arbitrio di ciascuno e non volendo giudicare le decisioni di nessuno, voglio semplicemente apprezzare la coraggiosa scelta di Josephine e Stephan, ancora più coraggiosa nel momento in cui decidono di lanciarsi in questa bella avventura come l’Erasmus. Non dev’essere facile ritrovarsi in un paese straniero, per quanto ospitale e caloroso possa essere, ascoltare e sforzarsi di imparare una lingua che non si conosce, abituarsi a nuovi ritmi, nuove consuetudini, trovarsi dei nuovi amici, per di più con la responsabilità di una figlia a carico da proteggere, amare, coccolare, curare, con cui giocare. L’Ufficio Internazionale non ha avuto obiezioni quando Stephan e Josephine hanno chiesto se era possibile partire con il progetto Erasmus portando con loro una bambina:
– “Charlotte non è un ostacolo: è un’opportunità per scoprirsi di più,per essere più uniti e forti perché è insieme che affrontiamo e superiamo vincitori le difficoltà, per imparare ad assumersi le proprie responsabilità, per imparare ad organizzarsi meglio non soltanto nei turni per il cambio dei pannolini ma anche nella vita. Charlotte è nostra figlia ed è la gioia più bella che abbiamo avuto”.