8 marzo: oggi è la Giornata internazionale della donna. Il Centro Antiviolenza Thamaia di Catania ha fatto il punto della situazione, sottolineando come la pandemia abbia aggravato diverse situazioni, tra cui la violenza di genere, il gender gap ed altre situazioni che vedono al centro le donne.
“Anche quest’anno assisteremo – scrivono le operatrici di Thamaia – alla mobilitazione di tutta la società civile ed alle numerose passerelle istituzionali. Anche quest’anno si faranno bilanci sulla ‘condizione femminile’, su divario salariale, sul mancato accesso alle carriere, su molestie e discriminazioni sul posto di lavoro e sulla violenza maschile che viene perpetrata sui corpi di noi donne. Un bilancio che da sempre, come operatrici dei Centri Antiviolenza, siamo costrette a fare ogni giorno, lo facciamo come donne, lo facciamo con le donne che accogliamo, sommando alle violenze perpetrate dagli uomini – partner, mariti, compagni, datori di lavoro – quelle altrettanto clamorose ed assordanti delle istituzioni”.
Quest’anno, tuttavia, sottolinea il Centro Thamaia, sarà un otto marzo peggiore degli altri “perché la pandemia ha costituito un moltiplicatore, rivelando ancora più manifestamente la disuguaglianza strutturale della nostra condizione di donne, della nostra precarietà in tutti gli ambiti della nostra vita. I recenti dati hanno tracciato un quadro ancora più disastroso, mettendo ancora una volta in luce i meccanismi sistematici della violenza patriarcale.
Meccanismi che operano attraverso il perpetuarsi di quei costrutti politici, economici e sociali che come operatrici dei Centri denunciamo da sempre: sono le donne che, costrette in casa con i loro maltrattanti, sono state una volta di più esposte all’escalation di violenza, sono le donne che hanno maggiormente sentito il peso dell’isolamento e del controllo, impossibilitate in tali circostanze a contattare i Centri Antiviolenza”.
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8 marzo: una panoramica dell’ultimo anno
“Sono le donne ad essere state schiacciate doppiamente dal lavoro di cura e dallo smartworking – scrivono ancora –, sono le donne che hanno pagato i costi della crisi: su 101 mila posti di lavoro persi, 99 mila erano occupati dalle donne. La violenza maschile contro le donne è una pandemia che esiste da sempre, che ad ogni latitudine e classe economica, si appropria con forza e prepotenza di ogni nostro spazio di libertà, cogliendo l’occasione per azzerare conquiste e diritti.
Il 2021 si è aperto con un numero agghiacciante di femminicidi: 12 sono le donne uccise dall’inizio dell’anno. “E come hanno risposto le istituzioni? Quali azioni hanno messo in campo per assumersi concretamente la responsabilità politica di contrasto sistematico e programmatico nei confronti della violenza maschile? Approfittando dell’occasione ghiotta di questa emergenza pandemica per rianimare una rappresentazione patriarcale della famiglia, per reiterare la riproposizione di ruoli e funzioni che cristallizzano situazioni penalizzanti per le donne, in cui alligna e prospera la violenza maschile.
“Dimenticando” di mettere in agenda la nuova programmazione triennale del piano nazionale antiviolenza scaduto a dicembre 2020, bloccando finanziamenti. Promulgando leggi securitarie che giustificano una lettura emergenziale del fenomeno nonostante, da sempre, noi donne operatrici dei Centri continuiamo a rivendicarne una lettura sistemica e pervasiva. Silenziando la denuncia di noi donne, operatrici femministe, che con forza condanniamo la replicazione della violenza sui nostri corpi, ribadendo che esattamente con tali mezzi il patriarcato erige il proprio dispositivo di riproduzione sociale”.
Thamaia rivendica pertanto l’importanza dei Centri Antiviolenza che da oltre 30 anni mettono in campo azioni politiche – di prevenzione, di sensibilizzazione, di contrasto – assicurando accoglienza alle donne nei loro percorsi di fuoriuscita dalla violenza, garantendo loro gratuità anonimato e riservatezza, sostenendole attivamente nei loro percorsi di autodeterminazione e libertà, sopperendo alle infinite mancanze delle istituzioni che invece lasciano i Centri sempre più soli, piegati dalla precarietà strutturale dell’assenza di fondi stabili e continuativi.
“Per tali ragioni ci opponiamo duramente ad ogni tentativo di strumentalizzazione fine a se stessa. È ora che i governi, nazionali e territoriali si assumano pienamente ed in modo indifferibile la propria responsabilità politica, mettendo la prevenzione e il contrasto della violenza di genere in cima alla lista delle loro priorità. Anche questo otto marzo, siamo costrette a pretendere che la nostra voce sia ascoltata”.