Otre 24mila medici attendono da mesi che vengano pubblicate le graduatorie definitive delle specializzazioni in Medicina. A causa di questo ritardo, in piena emergenza sanitaria, migliaia di giovani vengono ostacolati nel poter continuare la loro formazione. Una situazione che in queste settimane ha scatenato proteste nelle piazze di tutta Italia, anche a Catania.
Ma andiamo con ordine. I posti previsti dal Ministero dell’Università per il 2020 sono 14.455, oltre 5mila in più rispetto agli 8.920 del 2019. Il test si è svolto in tutta Italia il 22 settembre, mentre il numero esatto delle borse messe a bando si è avuto solo il 16. Già allora si era in ritardo rispetto all’anno scorso, quando il concorso si era tenuto il 2 luglio 2019 e i corsi erano iniziati l’1 novembre.
Tra le cause, la nomina tardiva dell’Osservatorio nazionale della Formazione Medica Specialistica, l’ente che accredita le strutture ospedaliere e universitarie. Poco male, si direbbe, perché in questo modo anche i laureati di luglio hanno potuto partecipare al concorso. Quest’anno, infatti, grazie alla modifica che ha reso la laurea in Medicina abilitante, sopprimendo l’Esame di Stato, i neolaureati hanno subito partecipato al test.
Tra i “fortunati di luglio” ci sono anche i medici Piero Fichera e Francesco Martorana, impiegati, come tanti loro colleghi, nelle USCA, e in attesa che vengano pubblicate le graduatorie, con relative assegnazioni.
“Ormai sono trascorsi mesi da quando ho sostenuto il test – dichiara Piero, in attesa di cominciare la scuola di specializzazione in Chirurgia plastica –, tanto che il test stesso lo vivo come un ricordo lontano. Parte dell’entusiasmo che avevo prima di intraprendere questa strada è passato, perché un’attesa eccessiva ovviamente fa perdere il piacere dell’esperienza che uno dovrebbe vivere”.
“Quest’anno tutti si vantavano che ci sarebbero stati più di due mesi di tempo per gli scorrimenti – aggiunge Francesco, che tra un turno e l’altro all’USCA pensa a quando saprà se trasferirsi a Bologna per iniziare la specializzazione in Anestesia -. Questo avrebbe permesso di evitare lo spreco di borse che avviene ogni anno, con conseguente perdita di specializzazioni. C’erano due mesi per evitare questa situazione, ma sono stati bruciati. Adesso ci sono 10 giorni per gli scorrimenti, 5 per le assegnazioni. Una follia”.
Specializzazioni Medicina: tutti i ritardi del Ministero
Le graduatorie erano attese già il 5 ottobre. La scadenza è slittata e il Ministero dell’Università ha poi annunciato la pubblicazione delle graduatorie provvisorie il 26 novembre, più di un mese dopo. Ancora una volta, però, la data per comunicare la scelta di destinazione è stata rimandata.
Parte di questi ritardi si spiega con i ricorsi presentati dai candidati dopo il test. Una delle domande, la 87, mostrava una frattura al femore, ma la fotografia era poco chiara. Per questo, molti partecipanti hanno presentato ricorso al tribunale amministrativo.
Si arriva così all’ultimo dei ritardi. I candidati avrebbero dovuto comunicare la propria scelta l’1 dicembre, il 3 ci sarebbero state le assegnazioni e il 10 le immatricolazioni, a venti giorni dalla presa in servizio. Anche in questo caso, le scadenze sono state prima comunicate dal Ministero e poi non rispettate. Il 3 dicembre, infatti, il Ministero dell’Università ha pubblicato una nota in cui comunicava l’ulteriore rinvio.
“Il Consiglio di Stato – si legge nella nota – nell’accogliere l’appello cautelare proposto dal MUR avverso i ricorsi di taluni candidati in relazione al quesito n. 87, sospendendo la sentenza impugnata, ha tuttavia espressamente aggiunto che “le ulteriori operazioni concorsuali” andranno svolte ‘successivamente alla decisione cautelare collegiale’”, fissata per il 15 dicembre. “Pertanto, la fase delle assegnazioni dei candidati alle scuole, nonché le successive fasi della procedura, sono da intendersi temporaneamente rinviate di qualche giorno”, è la conclusione del messaggio.
Anche se la graduatoria delle specializzazioni Medicina venisse pubblicata il 15 stesso, ci sarebbero a stento due settimane, Natale incluso, per scorrimenti e conferme definitive, senza contare che molti specializzandi dovranno anche cambiare città. Una corsa contro il tempo che ha costretto il ministro Manfredi, in un’intervista al Corriere della Sera, a correre ai ripari. “Se i tempi saranno troppo stretti, rinvieremo l’inizio al 15 gennaio, per dare il tempo a chi deve cambiare città di sistemarsi”, ha dichiarato il ministro.
Oltre le graduatorie: i problemi della sanità visti dagli specializzandi
Le proteste dei giovani medici, però, non si spiegano soltanto con i continui ritardi del Ministero, che pure basterebbero a giustificarle. Un ulteriore problema è rappresentato dall’imbuto formativo. L’emergenza sanitaria e gli sforzi del governo, infatti, hanno sì portato all’aggiunta di 5mila borse di specializzazione, ma quest’anno ci sono state 6mila domande in più del 2019. Il risultato?
“Resteranno fuori 10 mila giovani come me – commenta il dottor Fichera – che in questo momento sono negli ospedali Covid o in strada come noi a combattere la pandemia ogni giorno, in scarsità di mezzi e indicazioni. Pensare che questi ragazzi resteranno fuori è sbagliato per il cittadino, perché il cittadino ha bisogno di specialisti e di un sistema sanitario che non viva in perenne emergenza”.
Un ulteriore problema è dato dai fuorisede meridionali costretti a spostarsi al Nord. Il numero di specializzazioni, infatti, non dipende solo dalle borse, ma anche da strutture e reparti, che spesso nel Nord Italia possono garantire formazione a un numero maggiore di medici.
“Da medico impiegato sul territorio e da persona circondata da colleghi nella mia stessa situazione – continua Piero – mi rendo conto che malgrado la specializzazione rappresenti una tappa fondamentale della formazione medica, per la sanità della Sicilia e di tutte le regioni del Sud rappresenterà un grosso problema, perché la maggior parte dei ragazzi verranno assegnati a destinazioni lontane dalla Sicilia”.
Preoccupazioni condivise anche dal dottor Martorana, che parla di problema da affrontare a lungo termine, a differenza di com’è stato fatto finora: “C’è bisogno di una pianificazione che permetta tra cinque anni di colmare le carenze che ci saranno, intervenendo nelle specialità più carenti. Quest’anno sono aumentati i posti nelle branche covid-correlate: Pneumologia, Microbiologia, Malattie infettive… In altre dove ci sono lacune, come in Pediatria, non si sono visti aumenti altrettanto significativi. Siamo ben lontani dal riuscire a risolvere questo problema e non penso che basteranno un paio d’anni.
Negli anni passati – conclude – non è stato investito niente, mentre la quantità di soldi spesi per affrontare l’emergenza sanitaria adesso è enorme e si sarebbe potuta benissimo risparmiare se avessero fatto le cose bene in passato. Le USCA stesse non avrebbero avuto senso di esistere se non ci fossero state le carenze di oggi”.