Il principio della rana bollita di Noam Chomsky trova una delle sue migliori applicazioni in ambito climatico. Come la rana all’interno della pentola, non ci accorgiamo che la temperatura della città in cui viviamo sta salendo sempre di più. Continuiamo a viverci tranquilli, lamentandoci, al massimo, dell’afa nelle ore più calde del giorno. Con un’unica, essenziale, differenza: l’anfibio non sa di essere in una pentola dove presto farà troppo caldo per vivere. Noi sì.
Dagli anni ‘60 al 2018, la temperatura media a Roma è aumentata di 3,65°C e a Milano di 3,34°C. Simili aumenti si verificano anche al Sud, con Bari (+3,05°C), Napoli (+2,18°C) e Palermo (+1,65°C) tra i capoluoghi più caldi. I dati provengono da una ricerca dell’European Data Journalism Network, che ha dimostrato come in Europa la temperatura nelle città sia aumentata in media di 1,68°C negli ultimi 60 anni. La tendenza è in crescita nell’ultimo decennio. Due degli anni più caldi dal 1850 a oggi, infatti, si sono verificati negli ultimi cinque: nel 2016 e nel 2019.
Il rischio per le città, tuttavia, non riguarda, solo gli aumenti di temperatura. Alle ondate di calore sempre più frequenti (l’ultima settimana, a Catania, le ondate di calore sono durate cinque giorni di fila) si alternano con una crescita costante negli anni fenomeni meteorologici estremi, come tifoni e alluvioni, che proprio sui grandi agglomerati urbani hanno spesso l’impatto più devastante. Il recente rapporto “Città sempre più calde”, pubblicato dall’Osservatorio di Legambiente Città Clima 2020, afferma che nelle aree urbane gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti.
Per capirlo, basta citare due dati. Il primo è relativo alle ondate di calore del giugno 2019. Gli studi realizzati dal programma nazionale di prevenzione affermano che lo scorso anno ci sono stati 682 morti in più su un campione di 27 città, un aumento del 10% rispetto al passato. Nello stesso mese, la richiesta di elettricità in una metropoli come Milano è aumentata del 40%, causando black out in diverse zone.
D’estate, inoltre, si intensificano fenomeni estremi come le bombe d’acqua, “in un quadro – si legge nel rapporto di Legambiente – di sempre maggiore instabilità climatica legato al generale aumento delle temperature”. Tutti hanno ancora fresche nella memoria le immagini di una Palermo in ginocchio dall’alluvione del 15 luglio, quando la pioggia intensa ha allagato il viale della Regione Siciliana, costringendo diversi automobilisti a salvarsi a nuoto. Fenomeni simili, però, accadono sempre più spesso.
Aumenti delle temperature e fenomeni meteorologici estremi: i dati di Catania e provincia
L’aumento generale delle temperature è un fenomeno che colpisce tutto il Mediterraneo. Uno studio pubblicato nel 2019 su Geophysical Research Letters indica per l’area che ha al suo centro la Sicilia un aumento della temperatura fino a 2°C rispetto alla media degli ultimi 35 anni. I dati dell’European Data Journalism Network sulla provincia di Catania si mostrano in linea con questa cifra. L’incremento di temperatura dal 1961 al 2018, infatti, è di 1,9°C, passando da una media di 13,5 gradi a una di 15,4.
I dati relativi ai singoli comuni, invece, oscillano. Per il capoluogo etneo, la media annuale è di circa 18 gradi, con un incremento di 0,99°C rispetto al passato. Più alti, invece, i dati relativi ai comuni più popolosi della provincia: +1,65°C ad Acireale, +1,46°C a Misterbianco, +2,04°C a Paternò e +1,91°C a Caltagirone.
Finora, però, potremmo ancora pensare, come la rana nell’acqua che bolle, che l’aumento della temperatura non sia poi così problematico, e che in fondo si riesce a nuotare lo stesso. Tuttavia, l’aumento delle temperature rientra tra i fenomeni del cambiamento climatico al pari delle decine di eventi climatici che colpiscono il nostro territorio. La mappa sul rischio climatico elaborata dall’osservatorio nazionale Città Clima raccoglie 814 episodi climatici estremi che dal 2010 a oggi hanno creato danni in Italia, permettendo con un colpo d’occhio di accorgersi della frequenza di questi eventi.
Nel solo territorio di Catania, sono almeno 9 gli eventi meteorologici estremi registrati negli ultimi anni (il più datato risale al 2013), cui si sommano tutti quelli di minore intensità che spesso, anche a causa di una gestione sbagliata del territorio, possono creare danni. I fenomeni più frequenti si verificano tra settembre e ottobre e riguardano prevalentemente danni alle infrastrutture o allagamenti provocati da piogge intense. Proprio questo periodo dell’anno, infatti, è familiare agli abitanti del capoluogo etneo e dintorni per il susseguirsi di allerte meteo di diverso grado, che spesso hanno provocato anche la chiusura di scuole ed edifici pubblici. Un fenomeno a cui si corre il rischio di abituarsi, ma che è spia di un cambiamento già in atto.
Diminuire l’impatto del caldo nelle aree urbane
Il quadro tracciato finora, però, non deve generare catastrofismi. L’obiettivo prioritario a questo punto non è un impossibile salto indietro nel tempo, ma adattare le città ai cambiamenti e ridurre l’impatto delle ondate di calore. Molte delle decisioni suggerite dal rapporto Legambiente richiedono un intervento deciso da parte delle amministrazioni, dal livello locale al governo nazionale, ma anche i cittadini possono dare il loro contributo.
L’esempio principale riguarda l’Ecobonus del 110%, che permette di effettuare modifiche a costo 0 alla propria abitazione per migliorare di almeno due classi l’efficienza energetica. Malgrado l’intervento non preveda politiche prioritarie per le aree più povere delle città, quelle che più avrebbero bisogno di innovazioni a livello energetico, è possibile godere del rimborso totale da parte dello Stato per numerosi interventi, quali:
- sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale;
- interventi relativi all’efficientamento energetico;
- installazione di impianti solari fotovoltaici;
- installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.
Come hanno dimostrato le proteste del 2019, inoltre, sono i cittadini i primi a poter influire sulle scelte degli amministratori, cui spetta invece individuare le risorse per i piani di messa in sicurezza delle città, dando la priorità agli interventi per adeguarsi al cambiamento del clima.
Da questo punto di vista, la città di Catania manca ancora di un PUMS, il piano urbano di mobilità sostenibile. Tuttavia, se le recenti promesse verranno mantenute, la città si doterà presto di un piano strutturato di piste ciclabili (dovrebbero essere 40 km nei prossimi due anni). Inoltre, è ancora in corso la piantumazione di 2000 nuovi alberi per Catania, che contribuiranno non solo a dare una nuova immagine alla città, ma a ridurre, nel tempo, gli impatti delle ondate di calore, se si toglierà più spazio all’asfalto per donarlo al verde urbano.