Il vincitore di Sanremo giovani ci ha concesso un’intervista e ha regalato al suo pubblico un’esibizione degna di essere ricordata, come la nostra Feltrinelli non ne vedeva da veramente tanto. Noi lo avevamo già intervistato più di un anno fa (leggi l’articolo).
Giovanni Caccamo fino a qualche settimana fa sarebbe passato come un cliente qualunque, di quelli che sbirciano tra album po’ vecchiotti e strumentazione musicale. Forse qualcuno si sarebbe voltato per la notevole altezza, ma niente in confronto al brusio e al chiacchiericcio degli avventori che giovedì 26 Febbraio se lo sono ritrovati passare accanto, quasi in imbarazzo.
Sono abituato ai musicisti e alle altre personalità che si avvicendano oramai da anni nei locali del negozio di via Etnea, ma vi devo confessare che mai mi era capitato di avere a che fare con un ragazzo così semplice e disponibile, sia con la stampa che con il pubblico.
Giovanni, che praticamente ha vinto qualsiasi cosa fosse in palio sul palco dell’Ariston (leggi qui), è giunto quasi 3 ore prima dell’inizio del live e del firmacopie, in modo da potersi dedicare con calma a coloro i quali fossero lì per intervistarlo.
Sempre per la sua vicinanza con i fan ha deciso di accompagnare l’esibizione con il pianoforte e non con la tastiera, permettendo alla folla di sedersi tutta intorno, non senza qualche disappunto da parte della security, e riservando posti speciali solo ad un simpaticissimo trio di suore, forse parenti, andate a trovarlo.
Giovanni, tra le esperienze già avute in questi sei anni nel mondo dello spettacolo o comunque della musica, c’è qualcosa che non rifaresti oppure ripercorreresti il percorso per intero?
Sono abbastanza sicuro, rifarei tutto. In piccola percentuale tutte quelle esperienze hanno fatto si che la strada si sviluppasse e il percorso si delineasse; avventure particolari e divertenti che mi hanno aiutato a capire le dinamiche della televisione e i modi e i linguaggi che devono necessariamente cambiare per adattarsi alle situazioni più varie. Tutto mi è stato utile per pormi in modo adeguato sia di fronte le telecamere che alle aperture di Battiato o ai vari provini.
Io ti ho conosciuto nel 2011 con Social King e avevo già ipotizzato una tua carriera da showman. Tutte quelle esperienze erano propedeutiche alla carriera da cantante oppure avevi preso in considerazione anche quella strada da conduttore e showman, appunto?
E’ stato un percorso che si è creato in maniera casuale, ho fatto un provino a Modica per Rai Gulp come cantante di un gruppo e sono passato, subito dopo sono stato preso per un altro programma ancora e infine per Social King. Proprio dopo Social King, però, mi sono reso conto che il mio focus si stava spostando da quello musicale, la mia passione principale, verso un altro settore che, per quanto interessante, non era quello che volevo.
Finito il programma sono ritornato a concentrarmi sulla musica e da lì ho iniziato a scrivere, con tutte le conseguenze che mi hanno portato oggi qua.
Daniele Luppi è il produttore del tuo album e tra gli altri ha prodotto anche John Legend e Norah Jones. Come è stato lavorare con un professionista del genere che forse ha costituito il salto di qualità necessario a farti arrivare a questi traguardi?
Sono stati un viaggio e un’avventura molto belli, anche perché io non ero mai stato in America quindi anche per questo ero molto eccitato. E’ il primo album che Luppi produce in Italia per un italiano e quindi mi sentivo una formica ad arrivare lì; tuttavia devo dire che è riuscito a mantenere la mia identità musicale per quella che già era, rendendola più elegante e creando un fil rouge tra tutte le canzoni e creando Qui per te.
“Live at Home” è stata una delle tue esperienze più interessanti, sei riuscito a portare la musica un po’ ovunque, suonando pianoforti che forse non venivano toccati da molti anni. Dopo questo boom di pubblico pensi di continuare l’esperienza oppure è una fase chiusa?
La cosa che a me preme in generale è il rapporto diretto tra l’artista e il pubblico, non voglio dei filtri tra chi scrive musica e chi la ascolta. Live at Home mi ha permesso di scoprire delle storie che sicuramente sono state fondamentali per la mia evoluzione.
Farò una breve tournée ad Aprile, quindi chiunque voglia candidare il proprio salotto può iniziare a farlo all’email liveathome@giovannicaccamo.it , per poi iniziare il tour nei teatri che si porterà avanti fino all’autunno.
Ti abbiamo sentito cantare solo in italiano. Esiste la volontà di oltrepassare i confini nazionali, magari cantando in inglese?
No, continuerò a cantare solo in italiano ma esiste la volontà e il progetto per provare a uscire anche fuori dall’Italia senza abbandonare la nostra lingua.
Abbiamo tantissime prospettive e persone che ammirano e apprezzano la nostra lingua all’estero, siamo noi ad aver perso di patriottismo e quindi la nostra sfida è proprio quella.
La mia canzone preferita è Mezze Verità ma ho sentito che nell’album è diversa rispetto alla versione prodotta nel 2012. Perché? Pensi che le esigenze del tuo pubblico prima e dopo la popolarità di Sanremo siano diverse o ci sono altre motivazioni?
No, semplicemente era una canzone che volevo inserire perché rappresenta un passaggio chiave per la mia scrittura e il mio percorso, tuttavia io e Daniele abbiamo scelto di cucire su quella canzone una veste più acustica e malinconica.
Parliamo del tuo percorso universitario. Tu sei partito subito per il corso di Architettura al Politecnico di Milano. A uno studente che deve prendere questa scelta e ha la passione per la musica, consigli di fare una scelta chiara oppure di prepararsi comunque un paracadute?
No, dovete avere un paracadute. Io ho fatto Architettura, ho vinto una borsa di studio in Pubblicità, Art Direction, e fino a qualche mese fa ho continuato a fare il pubblicitario. Devo dirti che la formazione in generale mi è servita anche per la scrittura, per creare nuovi input e diversivi in quanto fossilizzarsi su una cosa non è mai utile.
E’ ovvio che avere due strade parallele è più complesso, però è sicuramente la scelta più giusta e uno non esclude l’altro; oltretutto solitamente si scrive la notte, quando al posto di dormire e riposarti per le lezioni, approfitti delle luci spente per far partire la creatività.