“Tampon tax” è il termine utilizzato per porre l’attenzione sul fatto che i tamponi e tutti gli altri prodotti legati all’igiene femminile durante il periodo mestruale sono soggetti all’imposta sul valore aggiunto, non godono cioè dell’esenzione fiscale concessa ai prodotti considerati beni di prima necessità.
Si tratta in primo luogo di una questione politica, ma indubbiamente non mancano aspetti socio-culturali. Diverse campagne a favore della rimozione o della riduzione della tassa sui tamponi sono nate in diverse parti d’Europa e del mondo, ma soltanto pochi paesi oggi hanno rimosso del tutto questa tassa sui prodotti igienici femminili. Il Kenya è diventato il primo paese al mondo ad abolire l’imposta sulle vendite per gli articoli mestruali nel 2004. Il Canada ha rimosso la sua tassa sui tamponi a metà del 2015 a seguito di una petizione online firmata da migliaia di persone, l’Irlanda è l’unico paese in Europa ad avere tasso zero sugli assorbenti, questo perché tale tasso era in vigore prima della legislazione dell’UE che impone tariffe minime su questi prodotti.
Solo, qualche giorno fa la Scozia ha annunciato la scelta di rendere gratuiti gli assorbenti alle studentesse di scuole medie, superiori e università, attraverso un programma da 5,2 milioni di sterline per combattere la “povertà mestruale”. Infatti, secondo un sondaggio recente condotto da Young Scot, un centro d’informazione ed ente caritatevole per giovani scozzesi, una studentessa su quattro in Scozia ha difficoltà ad accedere a questi prodotti sanitari. Con questo provvedimento 395mila studentesse scozzesi, per la prima volta in assoluto, potranno avere accesso gratuito ai prodotti igienici.
Tuttavia, nel resto d’Europa la situazione non va altrettanto bene. Nel Regno Unito la tassazione degli assorbenti è certamente ridotta rispetto agli altri paesi dell’Ue. Si parla di un’imposta pari al 5%. Sull’esempio britannico, anche il governo francese nel 2015 ha ridotto l’aliquota sugli assorbenti dal 20% al 5,5%. La Germania la tassa è del 19%, in Ungheria la tassa sui tamponi raggiunge addirittura il 27%.
In Italia non va certamente meglio. Le donne, infatti, pagano una tassa del 22% sui prodotti mestruali. Nonostante, alcuni parlamentari abbiano negli anni passati cercato di portare la questione in Parlamento, proponendo l’abbassamento dell’IVA su questi prodotti come avvenuto in altri paesi in Europa e nel mondo. A presentare la proposta di legge furono Giuseppe Civati, Beatrice Brignone, Luca Pastorini e Andrea Maestri. Tuttavia, la battaglia dei deputati di “Possibile” naufragò rovinosamente a testimonianza dell’arretratezza culturale, della cattiva conoscenza e scarsa coscienza comune che in Italia si ha ancora oggi attorno alla questione della tampon tax.
L’Italia resta ad oggi uno di quei paesi in cui comprare un assorbente è come comprare un bene di lusso. Infatti, l’aliquota minima, pari al 4%, si applica ai beni di prima necessità, per lo più alimentari. Mentre la quota del 22% applicata anche agli assorbenti si applica a beni considerati di lusso, tra cui sigarette, automobili e computer. Insomma, in Italia comprare un pacco di assorbenti necessari ad ogni donna durante il ciclo mestruale è come passarsi il lusso di comprarsi un tablet!
Sulla questione abbiamo sentito i pareri di alcune studentesse catanesi, le quali si sono rivelate tutte a favore della riduzione dell’IVA sugli assorbenti anche in Italia.
“Condivido in pieno l’iniziativa del governo scozzese – afferma Antonietta laureata in Lingue e letterature straniere. – Credo che stiamo vivendo un momento storico che sta sviluppando una sensibilità di genere non indifferente e ne sono felice. Quest’iniziativa mette in luce un problema, a parer mio, elementare e importante: le mestruazioni non sono un tabù e nemmeno una colpa. Gli assorbenti sono un bene di prima necessità, esattamente come il pane e la pasta, ed è assurdo che siano tassati come beni di lusso. Molti Paesi l’hanno già capito, per fortuna. In Italia invece si tende a classificare questi problemi come meno importanti. Si dovrebbe sensibilizzare l’opinione comune prima di tutto.”
“Tutte noi dovremmo poter usufruire degli assorbenti durante il periodo mestruale di ogni mese – afferma Concetta, studentessa di Scienze politiche – l’iniziativa scozzese mira per questo ad una giusta causa. Iniziativa che purtroppo in Italia non potrà mai realizzarsi. La classe politica non si sofferma neanche minimamente a pensare quanto questi prodotti siano importanti. Il dispendio di assorbenti durante la settimana del ciclo per una donna è enorme. I soldi che ogni donna spende ogni anno per questi prodotti loro non lo immaginano neanche. L’igiene femminile sicuramente per il governo italiano non è una priorità.”
In effetti, si stima che una donna nell’arco della sua vita, circa 30 anni dalla prima mestruazione alla menopausa, consumi almeno 12.000 assorbenti. Inoltre, secondo il Corriere della Sera, ogni anno sono venduti in Italia 2,6 miliardi di assorbenti e la spesa annua media per donna è di circa 130 euro.
“Avere il ciclo mestruale non è una scelta, è una condizione legata alla fertilità della donna – conclude infine Chiara, studentessa di Farmacia. – Il ciclo mestruale non deve essere una vergogna, qualcosa che va nascosto o che non può essere nominato. Liberiamoci di questi concetti, retaggio di una mentalità arcaica e patriarcale. Anche se talvolta può sembrare una scocciatura, noi donne dobbiamo essere orgogliose di essere donne, di essere così come siamo e di avere il ciclo. Per tale ragione l’igiene intima durante il ciclo è un nostro diritto, ed è una questione che va affrontata seriamente a livello politico e sociale. Avere la possibilità di comprare un pacco di tamponi o di assorbenti senza una tassazione che li equipara a beni di lusso dovrebbe essere una delle prerogative di un paese civile e attento ai diritti delle donne.”