Catania – Due giorni di confronto tra esperti, oltre 200 specialisti da tutta Italia, un solo obiettivo: salvare più vite. È cominciata oggi a Catania l’edizione 2025 del congresso nazionale “Heart Failure Care – Il paziente al centro”, con un focus sull’interazione cruciale tra cuore e polmoni, soprattutto nei casi di scompenso cardiaco, ipertensione polmonare ed embolia polmonare, una delle complicanze più subdole ma ancora troppo sottovalutate in ambito cardiovascolare.
Una rete di competenze per affrontare lo scompenso
Per due giorni, il capoluogo etneo si trasforma in un laboratorio multidisciplinare di alta specializzazione, dove cardiologi, pneumologi e altri professionisti della salute si confrontano su diagnosi precoce, terapie innovative e modelli organizzativi avanzati. Organizzato dall’U.O.C. di Cardiologia del Policlinico di Catania, il congresso riunisce oltre 200 specialisti da tutta Italia e ospiti internazionali di primo piano.
“Il Policlinico di Catania è un hub di competenze avanzate, ma il nostro compito non è solo curare: è fare rete, formare, condividere,” ha affermato il prof. Davide Capodanno, direttore dell’UOC di Cardiologia del Policlinico etneo e presidente onorario dell’evento. “Collaborare con centri d’eccellenza internazionali, come l’Università di San Diego, significa aprirsi a un futuro in cui le malattie complesse richiedono risposte complesse”.
Un concetto ripreso anche dal prof. Salvatore Di Somma, ordinario di Medicina Interna e direttore della Medicina d’Urgenza alla Sapienza di Roma:
“Non c’è dubbio: la valutazione integrata di cuore e polmone migliora l’aspettativa di vita. Se uno dei due organi fallisce, l’altro inevitabilmente soffre. È impensabile affrontare lo scompenso cardiaco senza una filosofia di team che includa anche nefrologi, internisti e pneumologi”.
Lo studio clinico che può fare la differenza
Tra gli annunci più rilevanti, quello dell’avvio imminente di un nuovo studio clinico al Policlinico di Catania, volto a individuare precocemente l’embolia polmonare nei pazienti con scompenso.
“Non tutti i pazienti scompensati vanno trattati allo stesso modo,” ha spiegato il dott. Giuseppe Leonardi, responsabile dell’ambulatorio per lo scompenso cardiaco. “Quest’anno abbiamo voluto porre l’accento sull’ipertensione polmonare, una condizione spesso trascurata che, se non affrontata, peggiora la prognosi”, evidenziando l’importanza di un approccio personalizzato.
Genetica, centenari e medicina predittiva
Altro fronte d’avanguardia affrontato al congresso è quello genetico, con l’analisi comparativa tra pazienti affetti da scompenso e centenari del Cilento, grazie alla collaborazione con la San Diego University.
“Nei centenari abbiamo riscontrato un’espressione genetica potenzialmente non patogena, invece presente nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa idiopatica,” ha aggiunto Leonardi. “Questo rafforza la tesi che esista una vulnerabilità genetica che predispone allo scompenso cardiaco”, sottolineando il valore innovativo del confronto genetico tra popolazioni.
Il cuore non è solo un muscolo. Per affrontare lo scompenso cardiaco, serve una visione integrata. Concetto rafforzato anche dal professor Salvatore Di Somma (Sapienza di Roma):
“La medicina d’urgenza deve lavorare in squadra: cardiologi, pneumologi, internisti e nefrologi devono collaborare”.
Anche il prof. Carlo Vancheri, ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio all’Università di Catania, ha sottolineato il valore dell’integrazione tra specialisti:
“Cuore e polmoni funzionano in simbiosi. Se uno dei due si ammala, l’altro inevitabilmente ne risente. Per questo oggi più che mai cardiologi e pneumologi devono lavorare insieme”.
Le nuove frontiere: IA e cardiologia strutturale
Spazio infine anche al futuro della medicina, tra intelligenza artificiale, modelli predittivi e nuove tecnologie in ambito cardiovascolare. Il prof. David A. Brenner, rettore dell’University of San Diego, e la prof.ssa Tatiana Kisseleva, genetista di fama mondiale, hanno illustrato i progressi della medicina di precisione applicata alle cardiopatie. Focus anche sulla gestione delle aritmie e sulla cardiologia strutturale, con sessioni dedicate ai percorsi organizzativi e alla sostenibilità economica delle cure complesse.
Catania diventa così, per 48 ore, un punto di riferimento nazionale ed internazionale nella lotta alle malattie cardiovascolari complesse. Un congresso che dimostra come la cura non sia solo tecnica, ma anche relazione, ascolto e visione condivisa.
In un’epoca in cui le patologie croniche richiedono risposte rapide, integrate e personalizzate, il congresso “Heart Failure Care” si conferma molto più di un appuntamento scientifico: è un catalizzatore di idee, alleanze e innovazione. Cuore e polmoni parlano la stessa lingua, e oggi – grazie a iniziative come questa – la medicina italiana ha una voce più forte e coordinata per ascoltarli.