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Ponte sullo Stretto, polemica sul taglio dei fondi per altre opere: meno risorse per il Sud

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Ponte sullo stretto: il taglio dei fondi statali destinati all'infrastruttura provoca una reazione corale contro il governo, primo fautore del progetto. 

Ponte sullo stretto: il taglio dei fondi statali destinati all’infrastruttura provoca una reazione corale contro il governo, primo fautore del progetto.

Il quarto emendamento annunciato dal governo sulla manovra ridistribuisce i fondi stanziati tra Stato e Regioni. Il risultato è una riduzione degli oneri di spesa a carico dello Stato pari a 2,3 miliardi, su un totale di circa 11,6 miliardi previsti.

Meno oneri per lo Stato, meno risorse per il sud

“Se ad ora (le regioni Sicilia e Calabria) ci mettono il 10 per cento e lo Stato il 90 per cento mi sembra ragionevole una compartecipazione minima di Sicilia e Calabria, ha affermato Matteo Salvini in un’intervista rilasciata a Radio 24. Il ministro si dice quindi favorevole alla proposta di modifica che, specifica, è stata condivisa dai presidenti delle due regioni coinvolte.

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Le critiche alla manovra

Tuttavia il presidente Renato Schifani è già sollecitato ad intervenire in tutela dell’isola dal presidente della Commissione Bicamerale di Insularità, Tommaso Calderoni, il quale ha dichiarato:

“Ritengo inammissibile che venga posta a carico della Sicilia una ulteriore parte della somma necessaria per costruire il Ponte sullo Stretto. Nella legge di bilancio, leggo, si intende utilizzare una rilevantissima parte di fondi destinati alla Sicilia per altre opere, per il Ponte. Si parla di un miliardo e sette. È inaccettabile. Si dovrebbe pensare, per principio costituzionale, a eliminare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità e invece si agisce al contrario, rendendo vano il grande lavoro che sta svolgendo il presidente della Regione Siciliana, senatore Schifani, con il quale concorderò per le vie brevi, una audizione in Commissione per pianificare un intervento a difesa della Sicilia e dei siciliani”.

Anche il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia è intervenuto, definendo la manovra “uno scippo” poiché costringe la Regione Sicilia a ricavare i soldi necessari alla nuova infrastruttura, da altri fondi, destinati, ad esempio, la sanità pubblica.

E ancora il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli parla di “golpe contro il Sud” e spiega bene il nocciolo della questione:

È stato presentato un emendamento che toglie due miliardi e trecento milioni di euro al fondo sociale di coesione, ovvero a progetti per il sud, per finanziare il ponte sullo Stretto di Messina. Un emendamento che trova la sua ragione in relazione al fatto che la regione Sicilia ha rinunciato a finanziare con propri soldi lo stesso ponte. La risposta del Governo è stata quindi sottrarre risorse al sud per finanziare le follie di Salvini“.

La protesta dei movimenti no-ponte

Si rinforza, di conseguenza, la protesta dei movimenti che si battono contro la costruzione del ponte, come Spazio NoPonte che ha messo in luce il carattere coercitivo di questa decisione del governo che appare come la conferma più eclatante della truffa progettata a danno del Mezzogiorno:

Il ponte sullo Stretto è un furto. Lo abbiamo sempre saputo e detto. E’ un furto ai danni del nostro territorio, del nostro paesaggio, del nostro futuro. Adesso c’è la confessione firmata e certificata nella Legge di Bilancio. Gli 11,6 miliardi per la realizzazione del ponte sono solo messi lì, ipotetici, in attesa di trovare risorse alternative a quelle pubbliche. Servono a permettere l’approvazione del Progetto definitivo da parte del CIPESS, che non potrebbe avere luogo, appunto, senza la fonte di finanziamento. I soldi veri, invece, quelli che serviranno a pagare i progettisti, la governance, il Comitato Scientifico e l’avvio dei lavori sono presi dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione. Sarà, insomma, solo una partita di giro. Risorse già destinate a infrastrutture per la Sicilia e la Calabria verranno concentrate sul ponte, impoverendo ulteriormente le due regioni. Abbiamo davanti una chiara politica economica estrattivista che espropria i territori e i loro abitanti per foraggiare le élite. E ci chiedono, poi, perché faremo di tutto per impedire tanto scempio… Dovrebbero dirci, al contrario, perché non dovremmo farlo”.


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