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Recentemente, ed anche per via di alcuni fatti di cronaca, è tornato ad essere centrale il tema dell’Alternanza scuola-lavoro, a cui attualmente ci si riferisce con la formula “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”.
Prima la pandemia da Coronavirus aveva parzialmente ma inevitabilmente fatto calare il silenzio su questa particolare modalità didattica, che mira a consolidare le conoscenze acquisite a scuola per mezzo di un’esperienza pratica. In effetti le numerose restrizioni susseguitesi nel corso dei mesi, e volte a ridurre il più possibile i contagi, hanno costretto numerosi giovani a rinunciare a un PCTO. È quanto emerge da un nuovo monitoraggio condotto poco prima della fine dello stato di emergenza dal portale Skuola.net, su un campione di 2.500 studenti dell’ultimo triennio delle superiori. I dati resi pubblici aiutano a chiarire anche cosa un partecipante davvero si aspetta da questo genere di attività.
PCTO: cosa prevede?
I Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento risultano essere obbligatori per chiunque frequenti gli ultimi tre anni delle scuole secondarie di secondo grado. Quanto stabilito per iscritto, tuttavia, non trova pieno riscontro nei dati recentemente diffusi. Di fatto, secondo quanto indicato da Skuola.net, soltanto il 63% degli intervistati ha potuto seguire un progetto di Alternanza.
Tra gli obiettivi dell’ex Alternanza scuola-lavoro, poi, spicca quello di avvicinare i giovani al mondo del lavoro. Ma come? È prevista, oltre che un periodo di formazione teorica in classe, un’esperienza pratica presso, per esempio, un’azienda, un ente culturale o un centro di ricerca.
Eppure più della metà dei giovani coinvolti nel monitoraggio, più di preciso il 56%, ha dichiarato di aver esclusivamente preso parte a dei corsi teorico pratici. Più fortunato poco più di un quarto dei 2.500 (il 27%) che ha sperimentato un po’ di pratica aziendale, insieme ad alcune simulazioni.
Sì allo svolgimento in presenza
La normativa vigente impone una durata del PCTO differente a seconda del genere di istituto che si frequenta. Più in particolare:
- una durata minima triennale di 210 ore negli istituti professionali;
- una durata minima triennale di 150 ore negli istituti tecnici;
- una durata minima triennale di 90 ore nei licei.
Dopo lo scoppio della pandemia, per raggiungere il monte ore prefissato, in molti casi sono stati introdotti dei surrogati di esperienza. Nel 22% dei casi l’alternanza è stata persino totalmente svolta in smart working.
Se le lezioni da remoto continuano a dividere gli studenti, quelli intervistati sarebbero concordi nel credere che i PCTO siano più interessati se svolti in presenza. Da cosa si comprende?
Considerando il totale degli intervistati, emerge che appena il 37% ha manifestato un giudizio positivo nei confronti del percorso svolto negli ultimi due anni. Ma i numeri cambiano notevolmente se si restringe il campo e si interroga quel gruppo ristretto, corrispondente al 20% del totale, che ha preso parte a progetti di alternanza esclusivamente nell’ambito di realtà lavorative pubbliche e private. In questo caso il ben 66% si dichiara soddisfatta dell’esperienza fatta.
Sentirsi utili
Non basta, tuttavia, l’accesso in azienda. Gli alternanti desidererebbero sentirsi utili apprendendo al meglio, attraverso spiegazioni di carattere teorico-pratico, e portando a termine le mansioni principali previste dalle realtà che li accolgono. In effetti il 67% di chi ha avuto tale possibilità, alla fine dell’esperienza, ha portato con sé un ricordo positivo.
E se questa percentuale non basta a chiarire a quanto davvero ambiscano i ragazzi, si aggiunga che risulta:
- soddisfatto del PCTO soltanto il 18% dei giovani che ha ottenuto soltanto un’infarinatura teorica;
- contento appena il 9% di chi ha è stato incaricato di compiti marginali;
- appagato il 6% di chi si è limitato a guardare quando compiuto da altri.
Il tutor: sempre presente?
La Legge 30 dicembre 2018 n. 145, la stessa che ha cambiato la denominazione “Alternanza Scuola Lavoro” in “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”, ha confermato la funzione tutoriale. Il tutor esterno (o aziendale) dovrebbe, tra il resto, favorire l’inserimento degli studenti nel contesto operativo e garantire tutte le informazioni circa gli specifici rischi aziendali, oltre che organizzare le attività in base al progetto formativo.
Sebbene questa figura dovrebbe essere garantita a tutti gli studenti partecipanti, Skuola.net indica che soltanto il 45% degli intervistati è stato costantemente seguito. Il 25%, poi, ha avuto a che fare con un tutor aziendale solo in parte mentre il restante 30% dichiara di non averlo mai visto.
Eppure ancora a fine marzo, nel corso di un intervento in commissione Lavoro al Senato, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi aveva trattato dei PCTO definendole “esperienze che devono sempre essere vigilate da un tutor, ma soprattutto sempre più inserite in un progetto didattico”.
Ad ogni modo, agli occhi degli studenti, il tutor rappresenterebbe uno degli ingredienti fondamentali per la “ricetta” di un PCTO di successo. In effetti, tra chi ha un parare positivo, quasi 6 su 10 sono studenti che hanno incontrato un tutor sempre attento e disponibile nel corso dell’intera permanenza nel luogo di lavoro.
Un luogo di lavoro che i più desiderano varcare non prima di aver ottenuto un’adeguata formazione. Confortanti, almeno in questo caso, risultano i dati: il 72% dei coinvolti nel sondaggio ha dichiarato di esser stato preparato alle mansioni pratiche in maniera soddisfacente.
Sicurezza come priorità
Questo 2022 si è aperto con la notizia della morte di Lorenzo Parelli, 18enne schiacciato da una trave d’acciaio e deceduto in fabbrica a Lanuzacco (in provincia di Udine), dove stava svolgendo un periodo di apprendistato.
In seguito a questa morte, accompagnata da quella altrettanto tragica di Giuseppe Lenoci, numerosissimi studenti hanno occupato le principali piazze d’Italia per protestare contro le modalità con cui vengono svolti alcuni stage, chiedere l’abolizione dei PCTO, ottenere maggiori tutele.
Per i più giovani, dunque, la sicurezza risulta essere una priorità. Ma questa è recentemente stata garantita a chiunque abbia svolto questo genere di percorsi? Secondo il monitoraggio di Skuola.net, l’80% di chi ha svolto attività pratiche ha dichiarato di sentirsi costantemente al sicuro. Il restante 20%, però, ha confessato di essersi trovato in situazioni in cui ha temuto di essere in pericolo.
Attività che rispondano agli interessi
I giovani, infine, non mirerebbero a spendere il proprio tempo in attività per loro poco interessanti o stimolanti, o non funzionali per il futuro, ma desidererebbero partecipare ad esperienze di Alternanza che rispondano alle proprie passioni ed ambizioni.
Non a caso quasi la totalità di chi si dichiara soddisfatto del PCTO, ben 9 giovani su 10, ha riscontrato tale coerenza tra questo, studi ed interessi.
PCTO da abolire?
A inizio febbraio, nel corso di un intervento a Radio 24, il Ministro Patrizio Bianchi aveva ribadito come l’alternanza scuola-lavoro risalente alla Legge 107 del 2015, dunque “concepita ormai da quasi 10 anni” fosse ormai superata.
Secondo quanto dichiarato da Daniele Grassucci, Direttore di Skuola.net, “l’ex Alternanza scuola lavoro, ora PCTO, non va abolita, perché esistono esperienze in questo ambito che lasciano gli studenti molto soddisfatti”.
Partire da una constatazione spiacevole e attuare una critica costruttiva può risultare utile al fine di ottenere migliori realtà: con tale spirito Grassucci ha ribadito che “non sempre i progetti PCTO sono fatti ‘a misura di studente'” e che oggi “solo uno su tre giudica positivamente le attività che gli sono state proposte negli ultimi due anni scolastici”.