La città di Catania, si sa è una città ricca di sorprese e soprattutto di reperti storici che spesso non vengono valorizzati in maniera adeguata. È il caso dei rifugi antiaerei costruiti durante la seconda guerra mondiale. Per saperne di più, ai microfoni di LiveUnict è intervenuto Franco Politano, responsabile del Centro Speleologico Etneo, e Giovanni Sinatra, membro di Officine Culturali, la nota associazione che si è occupata del rifugio di Via Daniele.
La storia dei rifugi antiaerei
“Sono diversi i rifugi antiaerei presenti nella città di Catania, uno di questi si trova in via Cardì, uno in Via Valdisavoia, uno dentro il liceo scientifico Boggio Lera, uno di Via Pioppo, uno di Via Daniele – ci racconta Franco Politano –. I rifugi di Via Pioppo e di Via Cardì sono collegati da una galleria, si presume che ne esista uno anche in Via Sardo e un altro in Via Giulia nei pressi del Ferrarrotto“.
Questi ripari, sottolinea lo speleologo, “non si sono formati tramite la cenere lavica, bensì sono stati costruiti poco prima la seconda guerra mondiale, fino al 1941 la città di Catania non possedeva alcun rifugio antiaereo. Grazie all’ingegnere Orazio Condorelli, questi vennero realizzati. I lavori si svolsero fra il 1938 ed il 1943, lui si rese conto che Catania era totalmente impreparata in visione di una guerra e allora progettò e realizzò i rifugi utilizzando la sabbia rossa di ghiaia, i rifugi potevano dare riparo a tantissime persone”.
“Molti edifici, inoltre, prima del contributo di Orazio Condorelli, si dotarono di rifugi cercando di adattare dei vecchi scantinati – continua il responsabile del Centro Speleologico Etneo –. Ne sono un esempio la caserma dei carabinieri in Piazza Verga, la Prefettura di Via Manzoni e la Questura di via Santa Barbara. Questi furono costruiti completamente a carico dello Stato con attrezzatture all’epoca all’avanguardia, sono stati adattati a rifugio anche l’anfiteatro di Piazza Stesicoro e il teatro greco. Infine sono stati adattati a rifugio le cave di rena rossa e alcune grotte sotterranee, in questo caso però questui luoghi furono adattati in rifugio attraverso il contributo degli abitanti del luogo”.
Come valorizzare questi rifugi?
Questi rifugi hanno una grandissima importanza storica. Uno di questi, il rifugio di via Daniele, è stato aperto al pubblico, con l’obbiettivo di renderlo una meta turistica di grande interesse per la città di Catania. Su questo fronte è intervenuto ai microfoni di LiveUnict Giovanni Sinatra, membro di Officine Culturali, associazione attiva nella gestione e promozione del patrimonio culturale.
“Il nostro progetto – racconta Sinatra – è portato avanti non solo da Officine culturali, ma anche dal Centro Speleologico Etneo, dal Comitato popolare Antico Corso e dall’Associazione culturale ‘Le cave di Rosso Malpelo’. Abbiamo ottenuto il rifugio nel 2017, ma abbiamo realizzato la prima iniziativa pubblica nell’ottobre 2019, quando abbiamo ripulito, grazie all’aiuto degli abitanti locali, più di 20 tonnellate di macerie e di rifiuti. Nei giorni successivi, abbiamo organizzato dei percorsi preliminari per le persone che popolano la via Daniele e le zone limitrofe, alcuni questi anziani ricordano com’era il rifugio antiaereo“.
L’obbiettivo è quello di “creare dei nuovi percorsi e di restituire al più presto il rifugio non solo alla comunità di Via Antico Corso, ma a tutta la città di Catania”.
Il rifugio di Via Daniele è, ci spiega ancora Sinatra, una scrivania di memorie: “Il rifugio è totalmente interrato, sopra la nostra testa c’è la pietra lavica dell’eruzione del 1669, inoltre si trova anche la cava di ghiaia, dopo l’eruzione si formò questo materiale rosso che poi fu utilizzato per ricostruire la città di Catania. Nel 1943 la minaccia della guerra diventa concreta, il rifugio venne rafforzato per proteggere i civili dagli attacchi aerei”.
Per sfruttare il rifugio antiaereo di Via Daniele: “È necessario far partire una raccolta fondi – conclude il membro di Officine Culturali – per favorire l’apertura definitiva del luogo, nel frattempo stiamo organizzando delle iniziative con la comunità, una volta fatto questo sarà necessario garantire la sicurezza del rifugio e infine sarà riaperto per la città e soprattutto per le scuole e gli stranieri”.