Catania

Catania, donne costrette a prostituirsi e trattate come schiave: 8 arresti

prostituzione a Catania
A Catania sgominata un'organizzazione che reclutava alcune giovani donne bulgare, poi costrette a prostituirsi e a vivere in pessime condizioni. Di seguito i dettagli su indagini e arresti.

Un’organizzazione si occupava del reclutamento di giovani donne provenienti della Bulgaria: queste venivano quotidianamente obbligate a prostituirsi per strada, anche durante le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria. Secondo quando emerso dalle indagini, le donne venivano private anche dei propri documenti d’identità, subivano anche percosse e soprusi e alloggiavano in abitazioni fatiscenti (nel quartiere San Cocimo), in pessime condizioni igieniche. Inoltre, veniva riservato loro poco cibo. 

Tale organizzazione è stata sgominata dalla squadra mobile di Catania: la stessa ha proceduto con l’arresto di otto persone e notificato un obbligo di soggiorno. Nei loro confronti sono stati eseguiti un fermo emesso dalla Dda della Procura e un’ordinanza di custodia cautelare del Gip. Le accuse sono molteplici: tratta di persone, riduzione in schiavitù, associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, aggravati dalla transnazionalità.

Nello specifico sono finite in carcere quattro persone: tre albanesi ed un italiano. Si tratta di Emil Milanov, di 49 anni, Milena Milanova, di 31, Maria ‘Zinà Kozarova, di 27, e Massimo Corrado, di 33. Inoltre, sono scattati gli arresti domiciliari  per Francesco Barbera, di 40 anni, Giuseppe Caruso, di 35, Alessandro Santo Coco, di 31, e Elena Angelova, di 33. Un 73enne, al contratio, è stato sottoposto all’obbligo di dimora a Catania.

Inoltre, si conta un decimo indagato che, però, al momento risulta irreperibile.

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Il via alle indagini

L’attività investigativa legata all’operazione “Bokuk” (termine bulgaro che si traduce con “spazzatura” e che gli indagati usavamo per indicare le donne vittime)  è partita nel giugno del 2020, dopo che due cittadine bulgare avevano sporto denuncia nei confronti di un’altra straniera che pretendeva pagassero a lei il cosiddetto “joint”, ovvero lo spazio occupato in strada, nei pressi della stazione ferroviaria di Catania.

Gli accertamenti dei poliziotti della sezione Criminalità straniera e Prostituzione, coordinati dal pool di magistrati della Dda di Catania esperti in queste tipologie di reati, hanno permesso di scoprire le condizioni di vita delle donne costrette a prostituirsi.

Le vittime avrebbero garantito al gruppo criminale un introito costante di circa 1.400 euro a settimana ciascuna. Gli agenti hanno proceduto anche con il sequestro di materiale informatico, telefonini, oggetti preziosi e denaro.