A promuovere l’azione è Francesco Terrone, 59 anni, ingegnere di Mercato San Severino (Salerno). L’ingegnere parla di “battaglia di civiltà” perché “sul sito della Crusca c’è una lunga pagina in cui si fa la cronistoria del termine terrone usato in senso dispregiativo”: “La voce – riporta l’Accademia – nasce nei grandi centri urbani dell’Italia settentrionale con valore di contadino e usata, in senso spregiativo o scherzoso, per indicare gli abitanti del Meridione in quanto il Sud era una regione caratterizzata da un’agricoltura arretrata”. L’ingegnere ha provato a chiedere più volte un’integrazione positiva, ma ha ricevuto solo risposte evasive. Così si è poi rivolto al tribunale perché si aggiunga un riferimento “alla terra dei latifondisti, dei feudatari, dunque alla ricchezza, oltre a riconoscere un cognome i cui discendenti diedero lustro all’Italia Intera”.
La vicenda, spiega Francesco Terrone, è seria: “dietro alla diatriba ci sono anche discriminazioni. Negli anni ’90, – racconta – arrivato in Brianza per una supplenza in una scuola, ho resistito due mesi. Mi sono sentito dire che con quel cognome potevo fare l’operaio, non certo l’ingegnere”. O le volte che a Milano sono rimasto a piedi quando chiamavo un taxi e dicevo il mio nome?”.
La risposta dell’Accademia della Crusca
Intanto, il professore Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, all’atto di citazione in tribunale presentato dall’ingegnere replica: “È assurdo voler far pagare alla Crusca la colpa dell’uso discriminatorio di un termine impiegato nella storia d’Italia quando, anzi, la nostra Accademia ha segnalato questo difetto, lo ha contestato, criticato, condannato, pur facendone, come è ovvio, la storia, perché la storia non si può cancellare”. È del tutto evidente che da parte nostra non c’è mai stato nessun intento discriminatorio e offensivo nel descrivere il significato della parola terrone – spiega Marazzini – anzi, fin dalle prime righe segnaliamo che questa parola ha assunto storicamente un valore discriminatorio da cui prendiamo le distanze”. La nostra voce lessicale non ha difetti”.
E comunque la Crusca si appresta anche a scrivere una memoria difensiva in vista della prima udienza del prossimo settembre al Tribunale civile di Nocera Inferiore (Salerno), anche se resta da chiarire se questo sia davvero il foro competente per discutere l’atto di citazione, dal momento che l’Accademia ha sede a Firenze. “Noi riteniamo che una causa civile contro l’Accademia della Crusca non abbia ragione di esistere, perché insensata – osserva sempre Marazzini – Certo, quando ci si rivolge ai tribunali poi bisogna vedere come va a finire. Peraltro, nella voce stilata dalla Consulenza della Crusca che si pretende di incriminare c’è proprio un giudizio morale, che ne sottolinea l’uso offensivo e discriminatorio che ne è stato fatto”.
A finire incriminato è, infatti, il parere intitolato “Da dove arriva questo terrone?” pubblicato nel 2017 sulla pagina web della Crusca dopo che alcuni lettori si erano detti incuriositi dal termine terrone, chiedendo in particolare quale fosse la sua origine. La voce risulta firmata da Luca Lo Re, che all’epoca faceva parte della redazione Consulenza Linguistica dell’Accademia della Crusca. “È una vicenda surreale – commenta infine Marazzini – Si cerca di far passare la Crusca come responsabile dell’uso distorto del termine terrone negli ultimi 150 anni di storia d’Italia. Dispiace ed amareggia che si cerchi visibilità, pubblicità ai danni dell’Accademia della Crusca. E non si capisce allora perché il signor Francesco Terrone non faccia causa a tutte le case lessicografiche italiane, ai vocabolari che descrivono il significato delle parole anche quando queste possono risultare sgradevoli o offensive”.