La Corte Costituzionale ridiscute l'obbligatorietà del cognome paterno ai figli. In gioco ci sarebbe la salvaguardia dell'unità familiare e della parità tra genitori.
La Corte Costituzionale solleva un dubbio che, ormai da tempo, attanaglia molte persone e apre alla possibilità che la scelta del cognome paterno non sia più obbligatoria. Allo stato attuale, la legge stabilisce che, in mancanza di accordo fra i genitori, ai figli spetti solo il cognome paterno. Ma questo non aumenterebbe la disparita tra i genitori? Con questo dubbio, la Corte ha sollevato dinanzi a sé la questione di legittimità dell’articolo 262, primo comma, del Codice civile, che detta la disciplina dei figli nati fuori dal matrimonio.
In pericolo, secondo la consulta, sarebbe la salvaguardia della unità familiare che, in questo modo sarebbe minata. Con l’attribuzione obbligata del cognome paterno, verrebbe a mancare una condizione di parità tra i genitori. Inoltre, la consulta ritiene che l’attuale sistema di attribuzione del cognome paterno ai figli “è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia”, e di “una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”.
La Consulta riprende così una pronuncia del 2006, nell’ordinanza con cui ha sollevato davanti a se stessa la questione sulla legittimità costituzionale dell’articolo 262 del Codice civile che stabilisce come regola l’assegnazione ai figli del solo cognome paterno.
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