Quando l’emergenza sanitaria sarà superata e di essa resteranno solo le imperturbabili convinzioni complottiste dei No Mask e, ahinoi, il film di Vanzina, di una cosa potremo star certi: l’università è stata tra le istituzioni italiane che ha meglio gestito la pandemia. Lo dimostra l’apprezzamento di studenti e famiglie, tradotto in un aumento del 5% delle immatricolazioni rispetto all’anno scorso. E dire che, a giugno, le previsioni parlavano di un crollo di 10 mila iscritti a causa della crisi. Certo, sono ancora dati provvisori, ma gli elementi per ben sperare ci sono tutti, anche perché il risultato italiano non nasce per caso.
A lockdown appena iniziato, un sistema nella maggior parte dei casi ancorato al vecchio schema lezione frontale e appunti si è trasferito sul web, permettendo a migliaia di studenti di proseguire con le loro carriere, frequentando lezioni, sostenendo esami, svolgendo tirocini online e laureandosi. La misura è stata imposta dalla crisi, ma le lezioni online sono diventate fondamentali per molti studenti, specie per chi, per svariati motivi, non poteva frequentare, ed è molto probabile che verranno mantenute come opzione anche in futuro. Alla fine dello scorso semestre, intanto, il numero di laureati e di esami sostenuti è stato superiore a quello dell’anno precedente.
In estate, mentre i social berciavano sul mantra “discoteche aperte e università chiuse”, la maggior parte degli atenei ha approfittato dell’estensione della no-tax area fino a 20 mila euro contenuta nel Dl rilancio. La manovra, pubblicata in Gazzetta Ufficiale a luglio, ha stanziato oltre 260 milioni per le università. Di questi, 165 finalizzati ad ampliare la no-tax area. In più, sconti fino all’80% delle tasse a seconda del reddito e ulteriori esoneri, che permettono oggi a uno studente su due di non pagare le tasse.
Diversi atenei sono andati oltre e tra luglio e agosto c’è stata un vera e propria caccia alle matricole. Alcune università hanno innalzato la no-tax area fino a 30 mila euro (Università di Perugia), altre, invece, hanno puntato sulla riduzione del divario digitale, fornendo SIM dati per la connessione internet (Università di Bologna) o tablet (Università di Palermo) ad alcune categorie di studenti.
Il boom di iscritti al confronto con gli USA
Con la fine di settembre e l’inizio delle lezioni, gli atenei hanno raccolto quanto prodotto di buono nei mesi estivi e durante il lockdown. L’incremento generale degli iscritti è stato del 5% rispetto allo scorso anno, ma alcune università nelle ultime settimane hanno comunicato incrementi ancora maggiori (+28% a Pavia, +20% a Milano-Bicocca). I dati sarebbero ancora da completare, tuttavia è chiara l’inversione di tendenza rispetto al report pubblicato dall’istituto Svimez a giugno, che prevedeva 9.500 matricole in meno e un crollo degli iscritti soprattutto al Sud, dove invece le iscrizioni si sono mantenute stabili o sono aumentate.
Che dire, poi, degli studenti stranieri che scelgono l’Italia? Stando alle pre-iscrizioni, gli iscritti dall’estero sarebbero raddoppiati rispetto allo scorso anno, con circa 20 mila studenti alla data del 16 settembre. I dati sono stati comunicati dal ministro Manfredi al Sole24Ore, con alcune università che spiccano particolarmente in questa classifica. Il principale esempio è l’Alma Mater di Bologna, dove gli studenti stranieri sono l’8,5% del totale.
Il dato italiano, infine, assume più rilevanza se paragonato con gli Stati Uniti, dove, malgrado l’alto prestigio di cui godono a livello internazionale, college e università stanno affrontando una grave crisi. Stando alle cifre riportate dal National Student Clearinghouse Research Center, le matricole statunitensi sono crollate del 16,1% rispetto allo scorso anno, con un incremento persino maggiore nei college (22,7%). Non solo. Aumentano anche gli iscritti che scelgono di lasciare gli studi, sia tra gli undergraduate (4%) che tra i post-graduate (3%).
Più borse di studio per combattere la crisi
La spiegazione del divario tra le esperienze italiane e statunitensi si può spiegare tenendo conto di numerosi fattori. Tra questi, tuttavia, il diverso valore dato al diritto allo studio assume una portata significativa. Nei mesi successivi ai giorni più duri della crisi, con i nuovi fondi governativi gli atenei hanno aumentato il numero di borse disponibili o la soglia massima di reddito con cui poter fare domanda. Ancora nel Dl rilancio, infatti, il Fondo Integrativo Statale (FIS) per la concessione di borse di studio viene aumentato di 40 milioni di euro per il 2020. Sia questo aumento, sia l’estensione della no-tax area, inoltre, diventeranno provvedimenti strutturali secondo il ministro Manfredi, grazie anche ai finanziamenti del Recovery fund.
Come per le iscrizioni, anche i dati relativi alle borse di studio sono provvisori, ma i numeri parlano di un un incremento di domande del 6%. Nella sola Sicilia, stando ai dati Adisu, quasi 30 mila studenti (29.080) hanno inoltrato domanda di borsa di studio agli Ersu di Messina, Catania e Palermo. Se il numero maggiore di richiedenti in termini assoluti si trova nel capoluogo regionale, l’incremento più alto si è verificato proprio tra gli iscritti nell’università etnea, con 1.622 domande in più rispetto all’anno scorso e quasi diecimila in tutto. Rispetto all’anno scorso, l’Ersu Catania non ha aumentato i limiti di reddito ISEE e patrimoniale per poter fare domanda, per cui il numero maggiore di richieste è da leggersi come correlato all’aumento di iscrizioni che ha coinvolto anche l’Università di Catania.
Due, adesso, i grandi dubbi per gli studenti e per gli osservatori della situazione negli atenei italiani: se l’aumento di richieste di sussidio sia legato a un peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie e se le borse di studio saranno sufficienti a coprire la domanda. I fondi sono aumentati, ma basteranno a coprire il numero di richiedenti ed eliminare la triste figura dell’ “idoneo non assegnatario” (vale a dire, lo studente che ha tutti i requisiti per richiedere la borsa ma che per mancanza di fondi viene escluso dai benefici)? Tra qualche settimana, alla pubblicazione delle gradatorie, scopriremo la risposta.