Sono giovani aspiranti biologici, farmacisti e psicologi i protagonisti delle proteste che, proprio nelle ultime ore, hanno animato le piazze dei maggiori centri della Penisola, inclusa Catania, dove ieri una delegazione di studenti ha manifestato in piazza Università: “Il tempo delle parole, della retorica, degli appelli e dei moniti è giunto al termine. Inutili sono state le iniziative mediatiche condotte in queste ultime settimane. Non siamo stati considerati, non siamo stati reputati degni di ricevere attenzione da parte di chi indirettamente deciderà le sorti di ognuno di noi”.
Negli scorsi giorni avevano diffuso una nota, palesemente rivolta al ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, snodando quanto più chiaramente possibile le tappe di quell’epopea burocratica, assolutamente inconcludente, che li ha visti purtroppo coinvolti in questi mesi terribilmente fiaccati dall’emergenza epidemiologica.
Tra le principali questioni sollevate durante la protesta, figurano problematiche riguardanti tempi e modalità di svolgimento degli esami abilitanti. In particolare, con il Dm 38/2020 è stato previsto il differimento delle date di esame dal 16 giugno al 16 luglio, mentre il Dm 57/2020 ha mutato l’Esame di Stato delle tre categorie professionali sopracitate in un unico colloquio orale, onnicomprensivo di tutte le discipline previste di norma, da svolgere con modalità a distanza. “Lo svolgimento dell’esame a distanza così come viene presentato nei vari bandi, ovvero la trattazione delle 4 prove in un’unica prova orale, non è assolutamente equipollente allo svolgimento nella modalità classica in cui vi è il susseguirsi di 3 prove scritte con aggiunta di una quarta prova orale da svolgersi in un arco temporale definito”, dichiara Francesca Torre, neolaureata in Psicologia, a LiveUnict.
Sono diverse le motivazioni per cui una mancata corrispondenza di tal tipo non è stata accolta con acquiescenza dagli ormai ex studenti. “Primo fra tutti – continua Francesca Torre – la disomogeneità nei contenuti. In un orale non possono esserci più tracce la cui scelta spetta al candidato rispetto alla propria formazione e ambito di interesse; si rischia di dover rispondere a domande a bruciapelo casuali e con difficoltà differenti rispetto alla tipologia di costrutto richiesto”, difficoltà, inoltre, aggravate dalla mancanza di chiarezza in merito ai criteri di valutazione che saranno adottati.
Si prospettano ulteriori asperità sull’orizzonte delle tempistiche che una prova così strutturata necessariamente richiede, come continua Francesca: “Ci sarà chi avrà più tempo per prepararsi rispetto a chi sarà chiamato a sostenere l’esame a partire dalla data di inizio”.
In particolar modo, si pone l’attenzione anche all’aspetto formale che si frappone al regolare svolgimento della prova d’esame. “Un’impostazione scritta ha anche modalità di elaborazione cognitiva, presentazione del compito e riflessione differente rispetto a un orale basato più sull’immediatezza della risposta – sottolinea fermamente la neolaureata – quindi è assolutamente impensabile dover sostenere un esame di Stato accorpando 4 prove in una unica mantenendo però gli stessi criteri della versione precedente”.
L’adozione di questa nuova modalità d’esame è stata mediata dalle corrispondenze tra il ministro e gli Ordini professionali, che hanno ignorato non soltanto i molteplici tentativi di partecipazione attiva alla causa realizzati dai diretti interessati, ma anche le rappresentanze studentesche presenti nel Consiglio Nazionale Studenti Universitari. “Nessuno ci ha considerato rimpallando la questione da un organo all’altro”, si legge chiaramente nella nota diffusa nei giorni scorsi.
Esigue, dunque, le certezze in merito. Assordanti, invece, i silenzi. È proprio l’assoluta mancanza di sicurezza relativa ad una tappa così importante per la formazione dei futuri professionisti dell’ambito medico-sanitario, che ha portato gli stessi a riunirsi sotto un’unica egida chiedendo che il loro esame di Stato venisse tramutato nel riconoscimento del tirocinio professionalizzante, così com’è stato fatto per i medici tramite il DL “Cura Italia” nel mese di marzo.
Sebbene, secondo l’ordinamento attualmente vigente, l’abolizione degli esami di abilitazione risulterebbe anticostituzionale (Art. 33 comma 5), i neolaureati in protesta sostengono che l’esame non conferirebbe loro nulla di più rispetto a quanto acquisito già con il percorso universitario concluso, risultando, dunque, superfluo e improduttivo.
Con particolare riguardo per la sua disciplina d’interesse, Francesca Torre ha posto chiaramente in evidenza quali potrebbero essere i concreti vantaggi che una simile modifica costituzionale apporterebbe: “Raggiungere questo obiettivo è da considerarsi solo la punta dell’iceberg da cui partire per poter attuare un progetto di riforma dell’intero sistema formativo nell’ambito della formazione psicologica, con lo scopo di valorizzare la figura dello psicologo sia in ambito sanitario che sociale, permettendo un reale riconoscimento di professionisti specializzati nel favorire la salute mentale e il benessere del singolo e della comunità più in generale”.
La particolare contingenza storica che stiamo attraversando potrebbe, dunque, essere sfruttata per avviare una vera e propria palingenesi dei percorsi universitari dell’ambito medico-sanitario attualmente cavillosi, nonché un’opera di svecchiamento delle ipoteche ideologiche relative alle figure professionali interessate.