Sant’Agata, la Santa Patrona di Catania, viene celebrata da sempre: si hanno le prime testimonianze d’adorazione da parte dei fedeli sin dal 252 d.C., l’anno dopo il suo martirio. Naturalmente, però, le cose non potevano che essere radicalmente diverse. Infatti, i catanesi veneravano inizialmente Agata perché si era opposta al proconsole Quinziano, morendo piuttosto che rinunciare alla sua vera fede: da qui, nacque il sentimento di resistenza allo straniero oppressore, dittatore.
Per una sorta di festa, seppur improvvisata, bisognerà aspettare il rientro dei soldati Gilberto e Goselino, che portarono con sé i resti mortali della santuzza: la notte del 17 agosto del 1126, i catanesi si riunirono per la prima volta per festeggiare il ritorno di Agata, i cui resti furono trafugati 86 anni prima. Per una processione, invece, si dovrà aspettare fino al 1376, quando venne costruita la prima vara, in legno.
Da allora, fino ai giorni nostri, la festa non ha subito altro che mutazioni: partendo proprio dall’avvento delle candelore, che girano, seppur in numero ridotto, sin dal XV secolo, fino ad arrivare alle luminarie, tra le quali svetta il gigantesco “quadro” costruito in cima alla via di Sangiuliano, che rappresenta una delle scene della vita di Sant’Agata, gli atti di devozione sono triplicati, le celebrazioni folkloristiche “accendono” Catania prima ancora che Agata esca dalla sua cammaredda.
E, sebbene si possa pensare il contrario, nemmeno un secolo fa, veramente un tempo minuscolo rispetto al numero di anni dai quali si celebra Sant’Agata, le cose erano uguali ad ora. Per scoprirlo, basta prendere ad esempio un calendario dei festeggiamenti datato 18 gennaio 1902, sicuramente molto meno fitto rispetto ai calendari che si trovano sparsi oggi, affissi per tutta la città subito dopo Capodanno.
Si parta dunque dal triduo solenne, celebrato durante i pomeriggi tra il 29 e il 31 gennaio al Duomo. Nel frattempo, in questo tuffo nella Catania del passato, ci si immagini le strade di una Catania sicuramente diversa da come la conosciamo oggi, con le allegre marcette delle bande, in giro per tutti i rioni – così definiti nel manifesto – della città.
Ma scopriamo tradizioni ancor più curiose, se non sensazionali, ormai perdute nel tempo: tra l’1 e il 2 febbraio, avvenivano dei sorteggi per degli aiuti economici, tre da 125 lire e 5 da 25 lire, i primi da destinarsi alle giovani orfane in età da marito (“per maritaggio”), i secondi per le famiglie meno abbienti dei giovani arruolati. Seguivano, poi, corse coi fantini in via Vittorio Emanuele, il tutto accompagnato dai giri delle bande sopra descritti.
Ma veniamo al momento vero e proprio della festa. A cominciare dal 3, con la tradizionale processione della cera, rimasta invariata, così come i famosi giochi pirotecnici, accompagnati dai “giovani cantanti delle quattro sezioni”. Stupisce sicuramente vedere in programma un concerto al Giardino Bellini, con annesso un “corso di gala con premi ai migliori equipaggi”, una sorta di sfilata dei migliori abiti carnevaleschi, festività che ha sempre coinciso con le celebrazioni agatine.
Il 4 febbraio 1902 inizia, come oggi, con la Messa dell’Aurora, fissata alle 4 del mattino. Alle 7, la Santa esce per la prima processione, quella che prevede il giro esterno: sembra essere rimasta invariata sino ai giorni nostri, comprese le fermate al Carmine e a Sant’Agata la Vetere. Ad accompagnare la festività, un concerto in “piazza Stesicorea” a mezzogiorno, uno nel primo pomeriggio al Giardino Bellini, ed altri eventi musicali in piazza Duomo, durante la serata.
Infine, eccoci al 5 febbraio: si comincia con la messa delle 10, accompagnata da una grande orchestra, ufficiata dall’Arcivescovo di Catania Giuseppe Francica-Nava di Bondifè. Segue, nel primo pomeriggio, un altro concerto al Giardino Bellini, con un altro corso di gala. Ma il bello, e anche lo stupore, arriva leggendo il percorso della vara, al quale commenteremmo, al giorno d’oggi, la mancanza di un pezzo.
La Santa, infatti, uscita dal Duomo verso le 4 e mezza (un orario molto distante dalle attuali uscite), andava prima per Via Vittorio Emanuele fino a piazza San Placido per poi ritornare indietro a piazza Duomo. Da lì, si andava per la “via Stesicorea (via Etnea, ndr) fino all’omonima piazza”, per poi… Tornare indietro! La salita fino al Borgo, infatti, non era ancora prevista; si tornava indietro fino ai “quattro cantoni”, si prendeva la “salita Lincoln” (che non aveva ancora il nome del sindaco Sangiuliano, assegnatogli nel 1920), si attraversavano via Crociferi, piazza dei Cereali (l’attuale piazza San Francesco d’Assisi), un pezzo di via Vittorio Emanuele e poi un breve passaggio per via Trinità, fino ad arrivare in via Garibaldi e, di conseguenza, al Duomo.
Un percorso, dunque, senza dubbio più breve, più veloce, molto diverso da come lo conosciamo ora. Sebbene tutto sia mutato, col passare degli anni, non si può che provare una certa nostalgia nel leggere questo programma. Si può quasi sentire, in lontananza, la splendida musica che doveva essere suonata durante i giorni di festa, in lungo e in largo per la città, specialmente al Giardino Bellini, che sarebbe bello rivedere vivo, un po’ come allora.
Musica, devozione, spettacoli: questo era Sant’Agata ai primi del ‘900. Oggi, le celebrazioni agatine sono molto di più: un percorso diverso, delle tradizioni diverse. Le generazioni avanzano, il mondo e Catania stessa mutano, le nuove innovazioni si mettono al servizio di questa festività tanto amata dentro e fuori tutta la Sicilia. Una cosa è certa: nei secoli addietro e a venire, potranno cambiare i luoghi e le persone, ma mai l’amore della città etnea per la sua Santa Patrona.