Utility e Società

Aumenta il divario sociale, neolaureati in fuga: l’Italia nei dati Oxfam 2019

I dati del dossier Oxfam 2019 fotografano un'Italia che stenda a riprendersi da una crisi lavorativa degenerata ormai a crisi sociale. Mancano lavori stabili e redditizi, mentre la parte più giovane della popolazione fugge.

Lavorare, con i tempi che corrono, non significa necessariamente riuscire a garantirsi un livello di vita dignitoso: a parlare sono i dati estrapolati dal nuovo dossier Oxfam, che analizza la situazione lavorativa in Italia anche in proporzione ai redditi e allo status economico dei lavoratori. Il primo dato riguarda i lavoratori che collocano nella fascia più povera (circa 10% della popolazione nazionale): ad oggi, nonostante la professione, non riescono a raggiungere (e di parecchio) al reddito medio nazionale.

In crescita anche la percentuale dei “working poor”, i lavoratori giovanissimi provenienti da famiglie con reddito inferiore al 60% della media nazionale: nel 2018 il dato si attesta intorno al 13%, relativo alla fascia di età 16-29 anni. I giovani lavoratori, dunque, non se la passano benissimo rispetto ai predecessori, avendo ben poche o nulle garanzie su cui contare.

Oxfam ha collegato l’aumento dei lavoratori minimamente retribuiti all‘aumento di contratti part-time, secondo una proporzionalità diretta: crescono gli uni, aumentano gli altri. E infatti nel decennio 2008-2018 sono stati siglati oltre 1 milione e mezzo di contratti part-time involontari, dove i lavoratori si vedono costretti a contratti di breve durata per necessità delle rispettive aziende, pena la perdita del posto.

Quanto ai part-time veri e propri, i dati Istat evidenziano che nel 2019 oltre 2,7 milioni di italiani li hanno sottoscritti e tra questi 1,9 milioni sono donne. Con agevolazioni quali il decreto dignità, invece, l’INPS ha registrato anche un aumento dei contratti a tempo indeterminato, di gran lunga superiori al numero degli stessi nel 2018. Triste e preoccupante anche il dato relativo alle occupazioni dei neolaureati: 1,8 milioni di essi in Italia svolgono mansioni “tappabuchi”, in cui sarebbe sufficiente anche un titolo di studio inferiore alla laurea, il dato più alto nella cerchia dei Paesi più ricchi al mondo. La conseguenza principale è l’emigrazione dei giovanissimi, talenti inclusi, vera e propria piaga sociale ormai comune nel nostro Paese.

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A mancare risultano ancora il lavoro stabile e l’opportunità di un futuro più redditizio, mentre aumentano le disuguaglianze sociali e diventa sempre più difficile, per i più giovani recuperare con le proprie forze e la propria attività una sfortunata condizione economica di provenienza.

A tentare di innescare un cambiamento in positivo sono ancora volta i giovani, una sorta di collettivo proveniente da 12 città italiane che ha deciso di lanciare la campagna “People Have the Power”: gli stessi si stanno facendo parte di un appello rivolto alle istituzioni per sollecitare migliorie nella gestione della pubblica istruzione e fruizione della cultura.

Si è deciso di puntare sull’istruzione perché, a parità di carriera anche scolastica o accademica, il figlio di un dirigente ha un reddito fino al 17% superiore a quello del figlio di un impiegato. La speranza è sempre che il futuro sia più roseo, non solo sul piano del benessere individuale, specie economico, ma che veda maggiormente coinvolte e protagoniste le nuove generazioni per lo sviluppo del Paese.