Era il 2 agosto 1999 quando venne ufficialmente introdotto per legge in Italia l’accesso a numero programmato nazionale per la facoltà di Medicina. In realtà, già dal 1987, un decreto ministeriale sanciva l’introduzione del numero chiuso per buona parte delle facoltà a carattere scientifico, in relazione alla capacità delle strutture di ospitare gli studenti, alla disponibilità dei professori e alla possibilità di svolgere laboratori e lezioni didattiche a piccoli gruppi.
L’obiettivo era quello di porre un freno al numero sproposito di medici rispetto alla richiesta effettiva del sistema sanitario, inoltre, vi era la necessità proveniente dalla Comunità europea di assicurare un certo livello di qualità dell’istruzione universitaria.
Ad oggi però, a distanza di oltre 30 anni, è tornata in auge la proposta dell’abolizione del numero chiuso a Medicina. Questo, infatti, è quanto si legge al punto 22 della Legge di Bilancio per l’anno 2019. Tuttavia, una pronta smentita dei ministri dell’Istruzione Bussetti e della Salute Grillo, hanno fatto intendere che tale proposta inserita nel disegno di legge sia soltanto un obiettivo di medio periodo del Governo, la cui fattibilità dovrà comunque essere valutata.
Troppo tardi, però, perché nel frattempo la polemica è divampata nel web, dividendo nettamente l’opinione pubblica. È giusto o è sbagliato abolire il numero chiuso a Medicina? A partire da questa domanda, tramite i social media, la nostra redazione ha condotto un sondaggio, dal quale è emerso che il 44% dei votanti (360 voti) pensa che l’abolizione del numero chiuso sia giusta, mentre il 56% (455 voti) pensa sia sbagliato toglierlo. Infine, abbiamo posto la stessa domanda anche ad alcuni studenti di Medicina dell’Università di Catania.
Marco, studente di Medicina al quinto anno, ci racconta di aver commentato la notizia tra colleghi e di aver riscontrato inevitabilmente opinioni divergenti. “Ci sono coloro che pensano che per entrare a Medicina è fondamentale il superamento del test e non ammettono altre scappatoie o vie secondarie: questi chiaramente sono estremamente contrariati dall’abolizione – spiega lo studente. Le motivazioni che questi portano contro l’abolizione sono quelle dell’inadeguatezza delle strutture, incapaci di ospitare l’enorme numero di iscritti che ne deriverebbe. Altri ancora sostengono che il test a numero chiuso assicuri agli studenti la possibilità di trovare un lavoro in futuro e assicura un servizio di qualità che altrimenti non si avrebbe.”
A schierarsi contro l’abolizione del numero chiuso, portando alcune di queste motivazioni, è lo stesso presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, dichiarando che: “Non bisogna creare illusioni nei giovani: l’abolizione del numero chiuso alle facoltà di Medicina è impraticabile e porterebbe all’unico risultato di creare migliaia di giovani laureati che rimarrebbero disoccupati”.
“Abolire il test di Medicina così da un anno all’altro non è fattibile e probabilmente non è fattibile nemmeno in futuro – dichiara Sergio, studente al terzo anno. Innanzitutto togliendo il test, chiunque proverebbe anche chi non è realmente interessato. Si raggiungerebbe un numero assurdo di iscritti. Nella facoltà di Catania già ci rientriamo a stento sia per i posti nelle aule, sia per i tirocini. Se andassimo ad aggiungere 15 volte il numero di iscritti, non ci sarebbe materialmente dove metterli.”
Sulla stessa linea d’onda è Giada, studentessa al terzo anno ad Odontoiatria, corso di laurea che verrebbe coinvolto chiaramente anch’esso, seppur in maniera minore dall’aumento degli iscritti con l’eventuale abolizione dei test d’ingresso. “Sono contraria all’abolizione per diverse ragioni di tipo pratico – spiega la studentessa. Le università italiane non sarebbero in grado di sostenere un numero così grande di studenti che si presenterebbe, sicuramente ancor maggiore nei primi anni successivi all’abolizione, ma comunque elevatissimo anche negli anni a seguire. Oltretutto c’è da considerare che ciò comporterebbe una cospicua riduzione degli iscritti in tutte le altre facoltà, perché oggi chi non entra a Medicina magari si iscrive a Giurisprudenza o a Lingue. Con l’abolizione anche chi non è realmente interessato o chi, non superato il test, andava a fare tutt’altro, si riverserebbe a Medicina.”
Controtendenza, in disaccordo con queste affermazioni, ci sono anche coloro che nell’abolizione del numero chiuso vedono un’opportunità per tanti aspiranti medici, che per colpa del test, talvolta, non riescono a realizzare il proprio sogno. “Ci sono anche coloro che come me – continua Marco – tengono in conto quanto è difficile alle volte superare lo scoglio dei test che si frappone alla realizzazione del sogno di diventare medico e la disperazione di non passare. Io per tale ragione sono favorevole al numero aperto, ma soltanto se lo Stato assicura determinate garanzie.”
“Al momento, nella Facoltà di Catania, abbiamo grosse problematiche con il tirocinio – confessa lo studente – non tanto per il numero delle persone iscritte ma dovuto ad un problema di disorganizzazione dall’alto. Qualora i test venissero realmente aboliti, io studente pretendo che lo Stato dia le risorse economiche e strutturali tali da garantire a 2mila studenti (questi i candidati di Medicina a Catania quest’anno) un percorso formativo adeguato.”
A metà strada si pone, invece, il parere di Giuliana, studentessa appena immatricolata al primo anno di Medicina: “Sinceramente sono sempre stata contraria al numero chiuso – rivela la studentessa – ma probabilmente più per la delusione di non essere riuscita ad entrarci nonostante sentissi dentro di me che quella era la mia strada, e soprattutto per la tipologia di test, che a mio parere non è in grado di far capire se tu hai la possibilità di diventare medico. Dopo aver letto tanto a riguardo, credo però che il numero chiuso sia necessario, è il test che non va assolutamente bene. Andrebbe modificato.”
A proporre una modificazione del test d’ingresso piuttosto che l’abolizione del numero chiuso sono in molti, magari cambiando gli argomenti su cui verte il test, attualmente poco confacenti alla successiva carriera medica. La questione resta, però, aperta anche tenendo conto di un possibile sbarramento successivo al primo anno, come previsto dal modello francese, che tuttavia non sembra convincere del tutto gli studenti intervistati.
“L’alternativa del modello francese, con una selezione in base al numero di materie che si riesce a dare al primo anno in ogni caso non elimina il problema di dover collocare un numero extra di studenti, che le strutture attuali non potrebbero ospitare – chiarisce Sergio. E qualora ce ne fossero altre e di nuove, dislocate lontano, sarebbe un grande disagio raggiungerle per professori e studenti stessi.”
“Se il test venisse abolito e verrebbe introdotta una selezione successiva, magari al primo anno, come in Francia, questa selezione, ipoteticamente fatta sulla base dei voti e delle materie date, non sarebbe altrettanto imparziale e oggettiva come è il test nazionale attuale che è “in forma anonima” – sostiene infine Giada, auspicando ancora ad un’altra soluzione possibile.
“Forse, potrebbe essere più ragionevole introdurre un test dopo il primo anno che verta sulle materie studiate in quell’anno stesso, sempre però in forma anonima, in modo che la meritocrazia non possa essere scavalcata dalla raccomandazione. In ogni caso, però, se si abolisce il test iniziale e si introduce un test successivo, quelli entrati inizialmente e fermati dal test successivo avrebbero comunque sprecato un anno della propria vita.”
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