I Millennials sono i protagonisti indiscussi di questi ultimi decenni. Se da un lato, la cosiddetta Generazione Y mostra di avere una marcia in più nel lavoro, dall’altra la vita sociale (non social) e quella privata sembra arrancare.
I motivi sono facilmente comprensibili. La generazione dei trentenni di oggi non ha un lavoro fisso, piuttosto riesce a svolgere più lavori, reinventandosi anche nei campi di azione che possano permettergli di usare la tecnologia e i social al miglior modo. Questo comporta un numero di ore di lavoro non definito facendo sì che il confine tra vita lavorativa e vita privata sia davvero labile. Per alcuni, i livelli di stress maggiore sono le 8 ore lavorative, gli straordinari e tutto quello che ruota attorno al “raggiungimento degli obiettivi”. Se si esce dall’ufficio, ecco che il telefono continua a squillare con le chiamate del capo o con le email del cliente. Se non si risponde, si è fregati. Oggi sembra proprio che un gran lavoratore è tale solo in base al tempo speso per lavorare. In realtà, la reperibilità 24 ore su 24 non è strettamente sintomo di buon lavoro. E allora, quale potrebbe essere il giusto compromesso? La questione potrebbe interessare non solo i lavoratori, ma anche i datori. Si tratta di un cambio di prospettiva che ingloba tutti e che permetterebbe di non scegliere, di non escludere una scelta piuttosto che un’altra.
Anche a Catania le cose non cambiano rispetto alle metropoli del Nord. LiveUnict ha sentito ai suoi microfoni giovani laureati che tra lavoro e vita privata, hanno preso delle decisioni importanti. Martina, laureata in lingue, subito dopo la laurea ha deciso di sposarsi e successivamente cercare un lavoro: “Sono consapevole che prima di poter mettere su famiglia sia necessario avere delle certezze almeno lavorative. Ma dopo 5 anni di studio e altrettanti di relazione, non ho voluto fare una scelta netta. Ho preparato nello stesso tempo le ultime materie prima della laurea e il matrimonio, proprio per avere più tempo dopo per cercare un lavoro. Dopo un anno e mezzo, posso dire che è stata davvero dura riuscire a conciliare tutto. Ho fatto l’insegnante di supplenza in diverse scuole della Sicilia e viaggiare di continuo non permette di godersi pianamente la famiglia. Riuscire a trovare un compromesso, al giorno d’oggi, è davvero difficile, ma io non mollo.”
Scelta diametralmente opposta quella di Antonella, specializzanda in anestesia, che ha raccontato: “Ho scelto un campo lavorativo che difficilmente ti permette di avere una vita sociale. L’ho sempre saputo che avrei dovuto rinunciare a qualcosa. Gli orari in ospedale, tra notti e turni lunghissimi, non ti permettono di avere la certezza per programmare. Io non ho una relazione e menomale (ride, ndr) perché sarebbe davvero difficile gestire il tutto. Sono entusiasta del mio lavoro e so che è quello che ho sempre voluto fare, ma per poter passare del tempo con la famiglia o con gli amici, a volte faccio davvero dei sacrifici immani. La vita è fatte di scelte, basta esserne consapevoli e non piangersi addosso.”
Andrea, invece, ci confessa: “Mi sono laureato in ingegneria, ormai, 6 anni fa. Ho trovato lavoro a Milano, città in cui ho vissuto per 3 anni. Adesso, però, ho scelto di ritornare in Sicilia. Ho un lavoro meno retribuito, ma che mi permette di andare a trovare la mia famiglia più facilmente e soprattutto quando voglio, senza doverlo programmare mesi prima. In coppia è molto difficile se entrambi lavorano in posti diversi e con orari full time. Penso che uno dei due deve sacrificare le proprie ambizioni per poterne creare altre insieme.”
La parola che lega gli intrecciati fili della vita lavorativa e privata è senza dubbio “equilibrio”. Ed è questo termine che dovrebbe essere il movente tra capi e dipendenti. Riuscire a non strafare nel lavoro pur mantenendo elevate qualità è possibile con l’ottimizzazione degli orari che permetterebbe di avere anche più tempo libero per le scelte non professionali.