Tsse sempre più alte per chi non può chiedere i benefici conferiti da università ed enti regionali. Sconcertanti i dati pubblicati in una recente inchiesta.
Il titolo dell’inchiesta condotta, “Dieci anni sulle nostre spalle”, non potrebbe essere più esplicito e costituisce di per sé un atto d’accusa alla classe dirigente del nostro Paese. Il dato che più viene messo in evidenza, tra quelli raccolti, è l’aumento della tassa universitaria media di quasi 500 euro, avvenuto nel decennio che va dal 2005 al 2015; un aumento che giustifica il titolo e che smaschera qualsiasi promessa fatta dal politico di turno durante le campagne elettorali presenti e passate.
L’inchiesta, condotta dall’Unione degli Universitari, parte dai dati relativi al 2005, ma punta in particolare l’attenzione su quelli che sono i tentativi dei vari governi succedutisi fino al giorno d’oggi di arginare gli effetti della crisi del 2008. È risaputo, infatti, che durante una crisi economica i primi settori a essere bersagliati siano quelli più “improduttivi”: sanità e istruzione. L’inchiesta mette nero su bianco, con una certosina enumerazione di dati, le programmatiche e accanite riforme che smantellano pezzo per pezzo il sistema universitario, facendo gravare gran parte del suo mantenimento a coloro che lo animano: gli studenti.
Il primo colpo alle università statali risale al 2008 e viene dall’allora ministro all’economia, Tremonti, che sotto il governo presieduto da Silvio Berlusconi, attraverso la legge 133 di quell’anno, prevede che il finanziamento agli atenei venga tagliato di 63,5 milioni di euro per l’anno 2009, di 190 milioni di euro per l’anno 2010, di 316 milioni di euro per l’anno 2011, di 417 milioni di euro per l’anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013.
Poi tocca al ministro Gelmini, nell’anno accademico 2010/2011, far registrare negli anni successivi un’ulteriore impennata della tassazione, e infine l’udi indica il d.l. 95, trasformato in legge nel 2012 durante il governo tecnico di Mario Monti, che attraverso la liberalizzazione delle tasse universitarie spiana la strada al progressivo aumento dell’importo a carico degli studenti nel triennio successivo.
Fino ad arrivare all’ultimo anno esaminato, il 2015/16, che vede aumentare la contribuzione media di ben 87€! Di questo sbalzo è complice anche la modifica dei parametri ISEE, che ha escluso grosse fette di studenti dalla possibilità di chiedere la borsa di studio.
A fare le spese di questo vertiginoso aumento della contribuzione complessiva sono gli studenti di tutta la Penisola; ma è soprattutto al Sud che si verifica percentualmente l’aumento più alto. Gli universitari del meridione, nel decennio esaminato dall’inchiesta, vedono un brusco ampliamento del tributo medio da pagare agli atenei, che aumenta in maniera impietosa del 90%, passando dai 509€ del 2005/06 ai 964 richiesti nel 2015/16. Se a questi aumenti corrispondesse un miglioramento della didattica e dell’offerta formativa al Sud, nessuno o quasi probabilmente troverebbe qualcosa da obiettare. Tuttavia, ed è sotto gli occhi di tutti, ogni anno migliaia di studenti fuggono dal sempre più desolato e spopolato Sud Italia, sperando di trovare al Nord la speranza di un futuro migliore.
E a Catania? L’Ateneo catanese è fortunatamente in controtendenza rispetto al resto del meridione. Infatti, l’aumento della tassazione che va dal 2005 al 2015 è “solo” del 46%, corrispondente a circa 233€. L’università di Catania spicca anche rispetto al resto dell’isola. Al confronto, quello palermitano e messinese registrano un raddoppio della tassa media a carico di ciascuno studente, similmente a quanto avviene dalla Campania in giù.
Come se non bastasse, la situazione italiana appare ancora più critica se, com’è naturale, si dà uno sguardo all’Europa: infatti, in Francia la contribuzione studentesca ammonta a circa 184 euro per le triennali e a 256 per le magistrali, mentre in Germania, fatta eccezione per un länder, l’università è diventata addirittura gratuita.
Comunque li si legga, l’evidenza dei dati non può essere negata, ed è sconfortante pensare alle difficoltà che ogni anno incontrano gli studenti italiani e le loro famiglie per far fronte alle tasse da pagare. Tuttavia, resta un passo in avanti quello fatto con la legge di bilancio approvata quest’anno, che istituisce una no tax area per gli ISEE più bassi. Un passo, appunto, ma la strada per un diritto allo studio che sia veramente per tutti resta ancora tanta.