Università di Catania

UNIVERSITÀ – Catania primeggia per occupazione tra gli atenei siciliani

Gli studenti siciliani hanno a disposizione quattro grandi atenei nella loro regione di origine: Palermo, Catania, Messina ed Enna.  I criteri di scelta sono variabili. Eppure basarsi sulle prospettive di lavoro, diventa sempre di più uno dei principi su cui orientare la propria decisione. I dati Almalaurea ci permettono di capire quale tra gli atenei della Trinacria si classifica al primo posto per tasso occupazionale.

Catania, Palermo, Messina, Enna. Sono le città che ospitano le università siciliane. Se c’è chi tra gli studenti preferisce fondare la propria decisione basandosi sui fattori socio-economici che caratterizzano il contesto urbano, c’è anche chi sceglie basandosi su una sorta di appartenenza culturale ad un’area piuttosto che ad un’altra. Ma un altro fattore da prendere in considerazione è  quello occupazionale. Infatti è sempre più importante avere in vista i risultati raggiunti dagli Atenei in questo settore, specialmente considerando le difficoltà che si riscontrano nella ricerca di un impiego post- laurea.

Le statistiche dell’indagine sulla condizione occupazionale dei laureati italiani, condotta da AlmaLaurea nel 2016 ci forniscono i dati per confrontare i quattro atenei. Il dato occupazionale degli atenei siciliani rivela una certa omogeneità tra Palermo, Catania e Messina. Ad ogni modo, l’Università degli Studi di Catania si distanzia, anche se di poco, dagli altri atenei, raggiungendo quota 33%. Fanalino di coda, l’Università Kore di Enna, che registra il 24% di ex studenti che dichiarano di stare lavorando al momento dell’intervista. A risollevare la situazione dell’università dell’entroterra siciliano è il dato che rivela la percentuale di laureati che sono impegnati in un’attività di praticantato o frequenta un corso di abilitazione. Ad Enna ben il 33% dei laureati dichiarano di trovarsi in questa situazione. È una percentuale decisamente più alta rispetto a quella registrata nelle altre città e probabilmente dovuta al fatto che la maggioranza dei laureati ad Enna sono aspiranti psicologi e giuristi: due professioni che prima di poter essere esercitate, prevedono una lunga formazione post- laurea.

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Catania primeggia anche rispetto alle tipologia contrattuale che i suoi laureati riescono ad ottenere. I laureati a Catania che hanno firmato un contratto a tempo indeterminato sono il 29,8%. La percentuale non è di certo alta, ma rivela ancora la capacità della città etnea di garantire delle condizioni di lavoro migliori rispetto a quelle delle altre città siciliane. Palermo si posiziona subito dopo con 28,8% di contratti a tempo indeterminato firmato dai suoi laureati. Segue Messina con il 27,5% , succeduta a sua volta da Enna con il  25%.

Al  primato per tasso di occupazione dei suoi laureati  e a quello per quantità di firme di contratti a tempo indeterminato, Catania aggiunge anche il primo posto per quanto concerne la retribuzione dei suoi laureati. Un certo scarto esiste tra i laureati di primo e secondo livello, ma in generale le professionalità con maggiore formazione riescono ad ottenere stipendi più alti rispetto ai chi non sceglie di proseguire gli studi. Rimanendo sui laureati di secondo livello, questi a Catania guadagnano in media al mese 1.029 euro netti. Dopo Catania si posiziona Palermo cui laureati guadagnano 1.003 euro, segue Messina 911 euro e infine Enna, con  la media di 854 euro mensili netti. Un elemento interessante è costituito dal gender gap. In tutti i quattro casi presi in considerazione, le donne, a parità di livello di formazione universitaria raggiunta, sono molto meno pagate. La scarsa retribuzione assegnata alle donne è un elemento su cui riflettere e da risolvere, anche perché come conseguenza naturale ci sarebbe un innalzamento generale della media sulla retribuzione.

Nonostante Catania raggiunga dei risultati migliori rispetto a quelle di altre città siciliane, non si può certo dire che la situazione occupazionale sia positiva. In generale in Sicilia c’è poco lavoro e quello che c’è è poco retribuito. Un settore, quello degli investimenti sul lavoro, che andrebbe immediatamente rinvigorito. Le università da sole, non possono di certo fare molto. Sfornare professionalità competenti e preparate non ha un risvolto diretto, se queste figure non trovano un mercato del lavoro rinvigorito da parte delle istituzioni.