Tecnologia e Social

Scrivi una emoticon e ti dirò chi sei: la nuova ricerca dell’Edge Hill University

La messaggistica istantanea, che si chiami WhatsApp o Messenger poco importa, ci ha reso partecipi di un nuovo modo di comunicare, innovativo e divertente. Una nuova ricerca dell’università di Edge Hill spiega come la scelta delle emoticon ci possa dire di più sulla personalità.

La possibilità di comunicare in tempo reale, di inviare note vocali, foto, video e faccine ha permesso di trasmettere al destinatario molte più informazioni del testo del vecchio sms. Inoltre, pare ci sia addirittura la possibilità di scavare nella personalità delle persone proprio tramite i messaggi, quando questi contengano emoji ed emoticon.

La ‘cyberpsicologa’ Linda Kaye, dell’università britannica di Edge Hill, in un suo lavoro per Trends in Cognitive Science, ha specificato come l’uso di emoji ed emoticon possa in qualche modo dare informazioni sulla personalità. Testi, messaggi e mail sono oggi arricchiti con queste faccine gialle, sorridenti, pensierose, arrabbiate, innamorate in base al contesto. Sul 90% degli utenti che ne fanno uso, il 54% comprende giovani tra i 18 e i 34 anni di età.

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Sono dati importanti questi, in grado di spiegare come questo fenomeno legato all’uso di caratteri non linguistici sia strettamente connesso alla personalità e non all’età, come invece saremmo più propensi a pensare. Infatti la scelta di una emoticon rispetto a un altro non è casuale, ma premeditata, pensata e ragionata ai fini del raggiungimento di una comunicazione completa, che si carichi anche di quegli elementi non verbali che al messaggi mancano. Se pensiamo ad una chiacchierata a quattr’occhi sappaimo che questo evento è contornato da espressioni facciali, movimenti del corpo, tono della voce e tutto ciò che fa parte della prossemica. Facendo un passo avanti nell’era della comunicazione più evoluta ci viene in mente la videochiamata, che mantiene determinati caratteri, ma può essere disturbata da problemi di linea e nella gran parte dei casi inquadra solo metà del nostro corpo, perdendo informazioni. La telefonata mantiene solo la caratteristica del tono di voce, che sicuramente esprime qualcosa del nostro umore, un rimprovero, una gioia, una bella notizia.

Tutte queste caratteristiche nei messaggi rischiano di essere perse, in favore soltanto della rapidità di comunicare qualcosa, perdendo l’opportunità di farlo in modo distinto e non di massa. Come possiamo trasmettere il “non detto”?

“Il più delle volte – scrive Kaye – usiamo gli emoji come i gesti, come un modo di valorizzare le espressioni emotive. Ci sono molte peculiarità nel modo con cui gesticoliamo e le emoji sono qualcosa di simile, soprattutto nei differenti modi sul come e perché le usiamo”. Per questo motivo, una emoticon non vale un altro!

La nostra percezione risulterebbe così influenzata da come vengono usati questi simboli. “Le persone formulano giudizi su di noi in base a come usiamo gli emoji”, ha precisato Kaye. “Bisogna essere consapevoli – ha concluso – che questi giudizi possono differire a seconda del dove o con chi si usa quell’emoji, se ad esempio con persone di lavoro o con la famiglio o gli amici”.

 

A proposito dell'autore

Carmen Romeo

27 anni di passione per la scrittura. Dinamica, intraprendente e affascinata dagli studi umanistici. In grado di trasformare momenti vissuti in indelebili ricordi con la sua reflex. Da Comiso a Catania, amante dei viaggi e grande sognatrice, resta sempre sul pezzo.