Si è tenuto lunedì il primo momento di confronto tra i tre candidati a rettore, che hanno incontrato gli studenti. Quello delle elezioni è un tema caldo, che infiamma i corridoi dell’Ateneo e coinvolge l’opinione pubblica. Fino al 27 gennaio, i candidati potranno confrontarsi con tutte le componenti universitarie.
In seguito al primo incontro, il candidato Filippo Drago ha risposto alle domande di LiveUniCT sul suo programma elettorale. Il prof. Drago è docente ordinario di Farmacologia e dirige il dipartimento Biometec. Specializzato in psichiatria, neurologia e igiene mentale, svolge un ruolo importante in commissioni di numerose società scientifiche.
-
Nel suo programma elettorale si legge “La mia decisione di candidarmi nasce dall’ambizione di continuare l’opera di Giacomo Pignataro”. In cosa intende continuare l’opera dell’ex rettore e, invece, in cosa intende distaccarsi?
Affermo di essere collegato idealmente al programma di Pignataro, ma non lo dico per raccogliere i voti. Io intendo non solo continuare l’opera di Pignataro, ma anche completarla. Voglio dare continuità all’applicazione di alcuni metodi, che Pignataro ci ha insegnato: ad esempio quello della compartecipazione che porta alla programmazione. Lui ha modificato sostanzialmente la maniera di amministrare la cosa pubblica all’università. In questi anni abbiamo approvato dei piani triennali sul reclutamento dei docenti e sul finanziamento della ricerca, che sono rivoluzionari e in cui Pignataro ci ha coinvolto. Inoltre, con Pignataro e col suo direttore generale, i dipartimenti sono tornati a essere il fulcro della vita dell’Ateneo, ma ci sono delle cose che vanno perfezionate.
-
Tra i punti della sua campagna elettorale, vi è anche la volontà di attribuire maggiore autonomia ai dipartimenti. Quali benefici ne possono derivare?
I dipartimenti non hanno completato la trasformazione in entità indipendenti e autonome: per alcuni aspetti dipendono dagli uffici dell’amministrazione centrale e questo è deleterio. Tutto ciò ci allontana dagli standard degli atenei del Nord e di quelli anglosassoni: la nostra filiera amministrativa è lunga e farraginosa. Inoltre, nel nostro Ateneo, le unità di personale tecnico-amministrativo sono superiori a quelle dei docenti per contingenza, ma meno di 400 di queste unità sono destinate ai dipartimenti, il resto si trova nelle strutture centrali. Vogliamo rilanciare il nostro Ateneo? Dobbiamo puntare a scelte coraggiose. La macchina amministrativa dell’Ateneo non funzionerà se i dipartimenti non sono adeguatamente supportati dall’apparato tecnico-amministrativo. Se l’ambiente, le circostanze di lavoro e le motivazioni psicologiche sono ottimali, possiamo ottenere più risultati. Ma la crescita può avvenire solo attraverso alcuni step: io devo far crescere il personale in funzione dell’esigenze dell’Ateneo. Per esempio, quanto di questo personale parla l’inglese?
-
Una buona fetta dei lettori di LiveUniCT è costituita da studenti. Per quanto riguarda il rapporto tra laureati e occupazione, lei quali iniziative vorrebbe proporre?
L’Università esiste per formare professionisti, gli studenti studiano per conseguire un titolo. Noi dobbiamo rafforzare quei corsi che ci danno la possibilità di creare competenze spendibili in prima istanza; mi viene in mente, ad esempio, la realtà imprenditoriale o quella professionale della Sicilia. Ogni anno, quando si crea l’offerta formativa, dovremmo modulare l’accesso ai corsi di studi in funzione di ciò che ci chiede il mercato del lavoro, perché gli studenti si laureano e poi restano disoccupati o vanno all’estero. Dovremmo creare un binomio che si basi sul circolo virtuoso, per cui l’università fornisce un titolo di studio spendibile su un territorio che da parte sua deve crescere per ampliare il mercato di lavoro. Sicuramente tutto ciò passa dalla collaborazione con l’imprenditoria locale: gli studenti devono avere la possibilità di fare stage.
-
Quale rapporto pensa ci debba essere università e territorio? E, facendo riferimento alla città, pensa che l’attuale amministrazione sia aperta al dialogo?
Penso che il rapporto tra università e territorio sia una fonte inesauribile di benefici per ambedue: l’università deve dare al territorio gli strumenti per arricchirsi, ma il territorio deve dare all’università gli strumenti per crescere. Faccio riferimento a un coinvolgimento strategico. La cultura civica e la società devono ancora crescere a livello di valori, l’università può essere il volano per farli crescere, puntando alla solidarietà, alla consapevolezza dei catanesi in alcuni settori, come le arti figurative e le cultura letteraria. Ci vuole un binomio di interazione e di crescita. Chiaramente ci sono dei canali di interesse da parte dell’amministrazione, ma si può fare di più.
-
Nel suo programma elettorale, lei spiega che nelle sue scelte non terrà conto di lobby, interessi familiari e afferma di non essere iscritto a nessun partito politico. Come mai lo ha sottolineato?
Credo fortemente all’indipendenza dell’università dalla politica, ma veramente, non come qualcuno dei rettori precedenti. Pare che fare il rettore sia in qualche modo l’anticamera della vita politica. Io ho fatto la mia vita politica e la mia esperienza: sono stato il più giovane consigliere provinciale d’Italia nel 1978, eletto a 18 anni al consiglio provinciale di Enna. Ma non sono più interessato all’attività politica, anzi ritengo che la politica nell’università non debba entrare, a differenza di altri candidati. Non ho parenti all’università, sono di una trasparenza e di autonomia mentale assoluta.
-
In cosa pensa che il suo programma elettorale si distingua da quello degli altri candidati?
Il mio programma non si distingue da quello degli altri per gli obiettivi, perché tutti vogliono il bene dell’università. Condivido le cose che affermano Foti e Basile. Tuttavia, quello che differenzia il mio programma dagli altri è il metodo, che per me è legato alla buona ricerca. L’Ateneo, oggi, è finanziato sulla base dei prodotti della ricerca: la didattica vale molto poco agli occhi del Ministero. La buona ricerca fa finanziamento, con cui noi possiamo pagare qualsiasi progetto. Quello che distingue il mio programma da quello degli altri è il metodo: trasparenza ed efficienza.