Chi ha la fortuna di percepire uno stipendio stabile a Ragusa ha un potere d’acquisto superiore a quello di un milanese con le stesse condizioni reddituali. Nulla di nuovo sotto il sole : è risaputo, infatti, che nelle varie provincie italiane il costo della vita varia seguendo una tendenza crescente dal Sud verso il Nord. Il problema è pertanto, una volta accertata tale differenza, comprenderne meglio la portata in termini quantitativi e analizzare le conseguenze. Ci viene in soccorso il recente studio condotto dagli economisti Tito Boeri della Bocconi, Andrea Ichino dell’Istituto universitario europeo ed Enrico Moretti dell’università californiana di Berkeley, che mette a fuoco le disuguaglianze di salari, redditi e consumi, in gran parte responsabili di una stagnazione endemica. .
Facciamo un semplice esempio. Un cassiere di banca ragusano (con 5 anni di anzianità) ha uno stipendio del 7,5% inferiore al suo collega milanese. Se però si tiene conto del differente costo della vita, la sua busta paga in realtà è più alta del 27,3%. E non finisce qui, perché per avere il medesimo potere d’acquisto del cassiere di Ragusa, il bancario di Milano dovrebbe guadagnare addirittura il 70% in più. Nel settore pubblico, le differenze sono ancora più marcate, visto l’uguaglianza salariale per tutto il territorio italiano. Esempio : il salario nominale di un insegnante di scuola elementare è di 1.305 euro al mese. Una retribuzione che però, in base al diverso indice dei prezzi al consumo nelle due città, equivale a 1.051 euro reali a Milano e 1.549 a Ragusa. Con una differenza abissale a vantaggio della città siciliana: 47%. Per pareggiare il potere d’acquisto dell’insegnante ragusano il maestro milanese dovrebbe avere uno stipendio più pesante dell’83%.
Le classifiche dei salari reali e dei salari nominali in Italia sembrano essere antisimmetriche: se da un lato Aosta e Bolzano primeggiano per salari nominali, dall’altro devono cedere il passo, finendo in fondo alla classifica dei salari reali, a Crotone ed Enna, che ricoprono le ultime posizioni per salari nominali.
Un’anomalia tutta italiana che frena lo sviluppo e la coesione socio-economica del Paese, creando degli squilibri sistemici non indifferenti. D’altronde è sostenibile ancora avere a Ragusa una disoccupazione del 223 % maggiore di quella a Milano, oppure ritrovarsi un costo della abitazioni milanesi più care del 247% ?
Finora è stato un sistema in equilibrio, garantito dalla “compressione dei salari” , seppur precario, che rischia di rompersi con la congiuntura economica negativa che da tempo attanaglia l’Italia. Una soluzione, suggerita dagli autori della ricerca, è quella di allineare i salari alla produttività, portando l’esempio di San Francisco, dove la produttività del lavoro è superiore rispetto a Dallas: i salari sono quindi più alti del 50% e il tasso di disoccupazione è simile. Così Andrea Ichino : «L’uguaglianza dei salari nominali, anche se e’ preferibile vista la preferenza collettiva per l’equità, genera di fatto ineguaglianze, rendite, sconfitti e vincitori, ed e’ all’origine dell’alto tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno.»
Raccolta la provocazione, allora ad Enna così come a Crotone si vive meglio rispetto a Bolzano o Aosta? Non è proprio così, l’analisi non può dimenticare altre variabili che incidono direttamente sulla qualità della vita: per avere a Ragusa la stessa qualità di Milano, ad esempio, i servizi sanitari costerebbero 18,7 volte in più. Ed è questa anche la ragione per cui a salari reali più consistenti dei lavoratori non corrisponde automaticamente una migliore qualità della vita.
Che sia il caso di ritornare alla gabbie salariali?