L’associazione culturale Kizmiaz, con il patrocinio del Comune di Catania, presenta Zanne Festival: tre giornate di rock, arte e natura. Nella serata del 25 Giugno 2013, il Parco Gioeni, uno dei più belli della città dell’elefante, ha visto esibirsi gli Swans.
“In my garden, Things grow in my garden, Things will grow Then they die, Then they fall away, Then they’re gone In my garden, In my garden We’ll never grow old , We’ll never grow old In my garden, Where the dew never dries In my garden, In my garden, These roses, These black orchids are our friends In my garden, When we breathe, When we breathe this air We will breathe in these things, We will breathe in these things In my garden, In my garden We’ll never die, We’ll never die, In my garden, In my garden “(In my Garden – “Children of God”, Swans, 1987)
Non è facile parlare di un concerto degli Swans, non lo è perché le emozioni difficilmente si possono scrivere e de-scrivere, e non è per nulla facile quando devi fare una recensione che parli del tuo gruppo preferito. Quello che ti accompagna da una vita. Il gruppo che ti fa emozionare, soffrire, commuovere. Quell’uomo, Michael Gira, che appena è salito sul palco ti ha fatto sussultare, tremare. Non puoi essere obiettiva, non puoi proprio esserlo. Si inizia con il brano “To be Kind” e la voce di Michael Gira nel suo elevarsi monito, evoca un senso d’Apocalisse che scuote ossa e divelle auspici. Le sue parole fatte di alienazione, disagio, sofferenza, si sposano in un connubio di suoni e volumi al limite della soglia del dolore. La formazione vede rispettivamente Michael Gira voce e chitarra, Norman Westberg alla chitarra, Christoph Hahn slide guitar, Chris Pravdica al basso, la batteria suonata da Phil Puleo ed un percussionista polistrumentista, Thor Harris. Il live è un senza sosta con il pubblico totalmente incantato dallo sciamano Gira, tra brani che confluiscono uno nell’altro come nel caso di The Seer / Toussaint L’ouverture Song. Si va da Just a Little Boy a She Loves Us, da Oxygen, a Coward, un coltello che ti scava sul fianco, un pugno allo stomaco, una mano invisibile che affonda le carni, stringe il cuore, e lascia riaffiorare prepotentemente il dolore. Gli Swans sono maestosi, bellissimi, ma con un cattivo temperamento, aggressivi, brutali, scioccanti, affascinanti, poetici. Di una bellezza straziante. I testi sono un mantra fatto di alienazione, disagio, sofferenza che si sposa in un connubio di suoni e volumi al limite della soglia del dolore. La musica dei cigni è un emozione disperata, un post punk livido e di meritevole ferocia. Le sonorità sono devastanti, puntano ad un massacro auditivo, dove con cinica follia gli aspetti estremi dell’umanità vengono esplorati sviscerando gli istinti più bassi e le aspirazioni più alte. Un viaggio verso l’annichilimento del sé in un’intensa alternanza di suoni sofferenti, dove si intrecciano storie morbose, ritratti poetici di un mondo fatto di atroci efferatezze, di sesso e morte, violenza e perversione. Quasi tre ore di concerto, al quale ho assistito in prima fila, senza badare alle mie orecchie, ormai rapita ed in estasi. Uno dei concerti più belli della mia vita. Grazie Swans.