“Le istituzioni culturali del nostro Paese devono dare un contributo nella lotta alle mafie”, dice Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia.
Come nel passato, la mafia ancora oggi presenta un’emergenza ed una preoccupazione nazionale. Un fenomeno alquanto complesso che è in grado di trasformarsi continuamente in un fattore di “inquinamento” della cultura, dell’istruzione, della politica, dell’economia e della storia del Paese.
Citando Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di merda”. Per poterla abbattere è necessario l’intervento da parte delle istituzioni e delle associazioni che siano in grado di formare, in particolare, giovani, consapevoli del concetto di mafia e della volontà di progredire in una società che consenta loro di accrescere nei loro valori e nei loro obiettivi futuri.
Tra il 2011 ed il 2016 sono sorti 19 centri di studio sul fenomeno della mafia, rispetto ai preesistenti 11, tra cui, il primo risale al 1986. Un attivismo che con il passare degli anni, sta riscontrando un’ulteriore sviluppo grazie all’intervento della Crui, l’associazione dei rettori delle Università italiane, statali e non statali ma soprattutto grazie, al constante dinamismo di un ristretto gruppo di professori ed esperti della tematica. Oggi sono presenti 57 atenei attivi nel settore. A presentare maggiormente l’offerta didattica nello studio della mafia e delle mafie è il Nord, seguito dal Sud, dove la cognizione del peso della criminalità organizzata è molto sentita; a differenza delle aree centrali, in cui si verifica una minore percezione del concetto ma soprattutto una minore sensibilità sull’importanza del tema. Soltanto se il territorio risulti in grado di avere delle positive sollecitazioni interne ed esterne, che l’istruzione e l’educazione, possano essere stimolate ad intraprendere una formazione originale e non convenzionale.
Le Università italiane di Milano Cattolica, Bologna, Roma Sapienza, Roma Tor Vergata, Roma Luiss, Teramo, Pisa e Napoli Federico II hanno proposto nella loro offerta formativa, dei corsi di formazione specialistica interamente focalizzati sull’argomento. Mentre altri atenei, esattamente 24, organizzano degli insegnamenti diversificati sul tema della mafia, secondo differenti prospettive: dalla Storia della mafia, Legislazione antimafia per giungere alla Sociologia e Psicologia del fenomeno mafioso, inseriti nei percorsi di laurea triennale e magistrale.
Nell’anno accademico 2015/2016, 53 atenei hanno organizzato circa 350 eventi ed attività culturali, con lo scopo di promuovere la cultura antimafia e valori che possono scaturire da una maggiore libertà da essa. Creazione di blog, siti, stazioni radiofoniche, mostre fotografiche, convegni, conferenze, rappresentazioni teatrali, tutte iniziative che permettono alla comunità di riscoprire la propria identità, un’identità che non è caratterizzata soltanto dalla malvagità, malignità ed omertà, ma da un senso di solidarietà, eguaglianza e soprattutto di libertà.
Discipline che studiano il concetto di mafia appartengono all’area giuridica, economica, politica ma anche psicologica ed antropologica. Dimostrazione che il tema viene affrontato non soltanto nell’ambito giuridico ma anche in quello sociale e culturale.
Questa rilevazione effettuata dalla Crui è dettata in una convenzione stipulata nel 2015 con la Convenzione parlamentare antimafia, finalizzata specialmente ad un maggiore coinvolgimento delle Università: università che oggi, descrivono il passo di una società che ha voglia di cambiare e di pensare attraverso una mentalità non più effimera, ma ideologica, pronta a combattere le barriere sociali tra la pigrizia intellettuale e la forza razionale.
Che questo cammino sia allora, di buon auspicio, per la consapevolezza che: “l’Antimafia non può essere solo materia di specialisti, ma deve diventare un valore civile da insegnare a tutti”.
“La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.” (Giovanni Falcone)