Secondo i dati Anvur, le università italiane sarebbero le più care in Europa, subito dopo quelle di Inghilterra e Paesi Bassi. Non solo tasse alle stelle per gli studenti italiani, che si aggirano in media sui 1000 euro l’anno, ma anche borse di studio insufficienti di cui è beneficiario solo uno studente su cinque.
Stando ai dati riportati dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), l’Italia è il terzo Paese in Europa dove si pagano più tasse universitarie. Ai primi posti si classificano Inghilterra e Paesi Bassi. Tuttavia, nonostante queste nazioni detengano il primato in Europa per essere le più care in cui frequentare l’università (si consideri che per frequentare un ateneo pubblico in Olanda e Inghilterra, le tasse possono superare anche i 5mila euro annui), lì lo Stato contribuisce ad aiutare in maniera molto efficace lo studente erogando borse di studio e concedendo grandi agevolazioni.
La situazione italiana come emerge chiaramente dai dati e dall’esperienza di migliaia di studenti iscritti presso gli atenei pubblici del nostro paese è ben diversa. Come rivela, Daniele Checchi, coordinatore del rapporto Anvur “In media uno studente italiano paga mille euro all’anno di tasse universitarie. Ci sono inoltre delle marcate differenze territoriali: al Sud le tasse possono essere inferiori ai 500 euro mentre al Nord possono arrivare anche a 1.300 euro.” La realtà italiana è però ben più complessa: infatti, nel nostro Paese solo uno studente su cinque usufruisce di una borsa di studio. Circa l’80% degli iscritti non riceve alcun finanziamento o sostegno per le tasse d’iscrizione tramite agevolazioni o prestiti.
La posizione italiana in materia di università ed istruzione non risulta quindi tra le migliori. Confrontando i dati Ocse, anzi, il nostro Paese ne esce penalizzato: siamo tra gli ultimi Paesi dell’Unione Europea per numero di laureati (24% contro il 37% della media).Questi dati non certo confortanti, devono fare riflettere. Se si pensa che l’Italia riserva meno dell’1% del Pil al finanziamento dell’istruzione, contro Paesi come Francia e Germania che investono oltre un punto e mezzo, si comprende che l’importanza che lo Stato italiano da al settore dell’istruzione non è la stessa data dagli altri Stati dell’occidente europeo. Di fronte a Stati come la Germania, la Finlandia in cui l’università è gratuita o a tanti altri come Inghilterra, in cui lo Stato aiuta lo studente con dei prestiti comprendendo spesso anche l’abbonamento ai mezzi pubblici, è chiaro che l’Italia non può fino ad ora competere.
Fino ad ora, perché sembra che da quest’anno qualcosa si stia muovendo dall’alto anche in Italia, per cercare di promuovere l’istruzione e ridurre il divario con gli altri Paesi d’Europa. Stiamo parlando della no tax area, un provvedimento approvato dal governo, già in vigore e in fase di implementazione nelle università pubbliche italiane. Essa prevede che tutti gli studenti con un Isee inferiore ai 13mila euro verranno esentati dal pagamento delle tasse universitarie.Per compensare gli atenei dal mancato introito, lo Stato verserà 105 milioni di euro.La deputata Manuela Ghizzoni, prima firmataria della legge, dichiara, in aggiunta, che: “Le tasse dipendono dagli atenei che fissano l’importo. Il costo poi varia in base al reddito. Si tratta di un grosso intervento che andava fatto. In Italia il sistema delle tasse universitarie era regressivo e non progressivo. In proporzione pagavano di più i redditi bassi rispetto a quelli alti. Abbiamo deciso anche di concedere 400 borse di studio dal valore di 15mila euro ciascuna per aiutare gli studenti meritevoli che hanno difficoltà economiche.”