Fra i disagi che accomunano le scuole italiane, ampiamente dibattuto è quello che riguarda il fenomeno delle “classi pollaio”, ovvero classi che contengono un numero di alunni che supera il limite previsto dalla normativa scolastica vigente.
Ne consegue, spesso, che l’apprendimento e la qualità del lavoro in aula subiscano non pochi ostacoli, venendo anche meno ciò che è lo scopo principale dell’istruzione, fornire strumenti per la formazione dell’individuo in rapporto alla società.
A tal proposito, negli scorsi giorni, durante la seconda giornata di lavori della convention organizzata dall’Anci per discutere sull’attuazione in Italia del piano “Next Generation Eu”, è intervenuto sulla questione il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, sostenendo, infatti, che “bisogna dare più attenzione alla scuola, senza sottrarre le risorse che sono state assegnate. Va ridotto il numero delle classi per aumentarne la qualità. La scuola non deve essere intesa come apprendimento ma anche come strumento di costruzione di una comunità”.
“Ripartire dall’indice di dispersione scolastica – continua Bianchi – in media in Italia leggermente superiore rispetto al livello europeo ma con regioni come la Campania, la Calabria, la Sicilia, la Sardegna con indice di dispersione altissimo, che in alcune periferie urbane tocca circa il 30%. Un fenomeno esasperato dalla pandemia che ha colpito in modo diverso chi era in condizioni di forza e chi in condizioni di debolezza, esasperando le fragilità”.
Tra i punti necessari al “riassetto scolastico”, secondo Bianchi, in primis, va ridotta “la dispersione scolastica”, perfezionare “la formazione degli insegnanti” e ripartire dalle riforme scolastiche, come quella “sulla scuola tecnica e professionale e dell’orientamento”.
Anche a causa della situazione pandemica è, dunque, aumentato il divario tra “chi è in grado di dominare le nuove tecnologie e chi non lo è”, asserisce il ministro, ed è proprio per evitare questa discriminazione che bisogna lavorare.