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Il carretto siciliano rappresenta di diritto uno dei simboli più noti e attraenti dell’Isola, nonché vessillo di sicilianità allo stato puro grazie ai suoi colori accesi, che custodiscono l’essenza solare e artistica di questa terra. Nato come mero mezzo di trasporto, adatto per via della sua struttura ad attraversare le antiche e impervie strade isolane, a oggi esso può essere considerato, non a torto, un’autentica opera d’arte, che non stanca di affascinare e di attrarre i visitatori, ma che costituisce anche elemento di riconoscimento per i cittadini siciliani.
La storia del Carretto siciliano
Se, ancora oggi, la viabilità in Sicilia non può certamente essere definita eccellente, possiamo ben immaginare quale dovesse essere la situazione sull’Isola tra Settecento e Ottocento.
Alcuni secoli fa, in effetti, il sistema viario dell’Isola era costituito perlopiù da sentieri impervi, che richiedevano giorni di viaggio per spostarsi da una provincia all’altra e che potevano essere percorsi essenzialmente dai muli. A partire dalla fine del Settecento, i Borbone diedero l’ordine di realizzare le cosiddette “Regie Trazzere”, strade che, per quanto ancora arretrate, potevano essere percorse da piccoli carri trainati da muli. È, pertanto, in un tale contesto che entrò in scena il carretto siciliano.
Questo colorato simbolo siciliano, quindi, nasce a tutti gli effetti come mezzo funzionale alla situazione viaria dell’epoca, poiché piccolo, leggero e trasportabile da un solo mulo. Al suo interno potevano essere caricati i materiali più disparati, dal frumento alla sabbia, dalla legna alle pietre e, non di rado, su di esso si vedevano viaggiare anche intere famiglie. A bordo del carretto, i contadini, i manovali e gli operai siculi potevano spostarsi lungo brevi distanze, ma, alla maniera di un fuoristrada dei nostri giorni, consentiva di viaggiare anche tra provincia a provincia.
La realizzazione di un carretto e le sue decorazioni
Per quanto di piccole dimensioni, la realizzazione di un carretto siciliano richiedeva molte ore di lavoro e diverse figure professionali. La prima parte del lavoro spettava ai falegnami e agli intagliatori, che si occupavano della costruzione degli elementi di base, per poi lasciare il posto ai fabbri, che realizzavano le parti in ferro. Realizzate le componenti necessarie, intervenivano, quindi, i “carradori”, coloro che procedevano all’assemblaggio delle parti e alla costruzione del carretto vero e proprio.
Era a questo punto che entravano in gioco i pittori. Potrebbe apparire strano come, per un semplice mezzo da lavoro, si dedicasse tanta cura non soltanto nella costruzione, bensì anche nella decorazione e nell’abbellimento. Le ragioni di una tale dedizione erano più di una.
In primo luogo la vernice con la quale si procedeva a dipingere i carretti proteggeva il legno, di cui erano costituiti, dall’usura del tempo e dall’umidità. L’intento, dunque, non era semplicemente quello di ostentare la perizia e l’arte dei mastri pittori, bensì i decori avevano uno scopo strettamente funzionale. Ma non finisce qui.
I dipinti impressi sul carretto siciliano possono essere definiti come una forma di pubblicità ante litteram. Più belle, complesse e colorate erano le pitture, infatti, più si credeva di attrarre clientela e, di conseguenza, di vendere la propria merce.
Ma cosa rappresentavano le decorazioni? Sul carretto siciliano potevano essere dipinti i soggetti più disparati, fino a rappresentare miti e racconti popolari. Si andava, quindi, dalle classiche pale di fico d’india alla Trinacria, passando per la rappresentazione delle gesta eroiche dei personaggi dell’Opera dei Pupi, oppure, ancora, figure geometriche, scene di caccia, fino ad arrivare a raffigurazioni di Santi e scene sacre. In quest’ultimo caso, con molta probabilità, i dipinti sacri avevano la funzione di scongiurare gli incidenti.
Per quanto riguarda i colori utilizzati, questi erano sempre accesi e sgargianti, proprio come l’animo dei siciliani, e si propendeva maggiormente per il rosso, il blu e il giallo.
Il carretto siciliano ai nostri giorni
Ai nostri giorni, chiaramente, il carretto siciliano non rappresenta più il principale mezzo di trasporto degli abitanti siculi, sostituito dalle auto per il trasporto delle persone e dagli autocarri per quello delle merci. Non per questo, comunque, la preziosa arte della realizzazione dei carretti è andata perduta. Al contrario, invece, il carretto siciliano si pone oggi come vessillo di sicilianità, simbolo dell’essenza di questa regione, legata alla terra e ai colori del sole, del mare, del fuoco dell’Etna.
Il carretto, pertanto, ha ceduto il ruolo prettamente funzionale per farsi carico di un valore ben più alto e significativo. Non a caso questa forma d’arte è tutelata e promossa e, alla stessa maniera, gli incisori, i falegnami, i pittori e i “carradori” vengono considerati alla stregua di veri artisti, mentre i carretti sono esposti come opere d’arte.
Si possono spesso ammirare, infatti, durante sfilate ed esposizioni nelle sagre di paese o nelle feste popolari, oltre che a presenziare sotto diversa forma in tutte le botteghe di souvenir dell’Isola. I mini carretti o la bigiotteria ispirata a essi, in effetti, sono gadget irrinunciabili, e tra i più rappresentativi, per chiunque scelga di visitare la Sicilia. Se, infine, ciò non bastasse a dimostrare quanto quest’antica tradizione costituisca una forma d’arte unica e da preservare, sull’Isola sono numerosi i musei dedicati al carretto siciliano, tra i quali si possono annoverare quello di Bronte, in provincia di Catania, quello di Terrasini, a Palermo, e il Museo Renato Guttuso (pittore palermitano il cui stile fu fortemente ispirato dalla tradizione dei carretti) di Villa Cattolica a Bagheria.