La nuova frontiera del lavoro nel prossimo futuro è il lavoro da casa, una soluzione che permetterebbe di vivere in modo meno stressante e inquinando molto meno l’ambiente. La monotona routine scandita da otto ore di lavoro, sveglia sempre alla stessa ora e stress per via del pendolarismo, rende le giornate pesanti e opprimenti. Lo smart working permetterebbe di vivere in modo più sano e tranquillo.
In base a uno studio chiamato Added Value of Flexible Working e commissionato da Regus, un fornitore mondiale di spazi di lavoro, una maggiore diffusione del lavoro da casa porterebbe a una riduzione notevole dei livelli di anidride carbonica. Si tratterebbe, infatti, di 214 milioni di tonnellate l’anno di CO2 in meno entro il 2030, ovvero la stessa quantità di CO2 che verrebbe tolta all’atmosfera da 5.5 miliardi di alberi. Ma la cosa non gioverebbe soltanto all’ambiente: ci sarebbe anche un risparmio di 3,53 miliardi di ore impiegate ogni anno per raggiungere il posto di lavoro, valore che coincide con l’ammontare delle ore passate al lavoro annualmente da circa 2,01 miliardi di persone. Anche il risparmio economico sarebbe davvero esorbitante: per i sedici paesi analizzati, il risparmio sarebbe di 10.000 miliardi di dollari.
Per lavoro flessibile, tuttavia, non si deve intendere soltanto il lavoro da casa, ma anche la possibilità di lavorare in qualsiasi posto che si preferisca, da un bar a una baita in montagna. Questo è stato possibile grazie all’avanzamento tecnologico che ci ha permesso di essere sempre connessi, di poter interagire anche trovandosi a chilometri di distanza e di poter condividere dati. Bisognerebbe comunque fissare delle regole per far sì che questa innovativa forma di lavoro non diventi motivo di sfruttamento per i lavoratori, nel caso in cui qualche azienda pensasse di poter contare sulla loro disponibilità 24 ore su 24. Questo nuovo modo lavorare piace particolarmente ai millennial che avendo sempre vissuto in un ambiente digitare, potrebbero percepire questo tipo di lavoro come del tutto naturale. Per loro, infatti, lavorare in una community virtuale, sarebbe un modo per non sprecare il proprio prezioso tempo.
La Hsbc inglese, una delle più importanti aziende di servizi finanziari del mondo, ha condotto uno studio dal quale emerge che l’87 per cento degli uomini e il 90 per cento delle donne pensano che lavorare da casa sia uno dei principali motori dell’accrescimento dei livelli produttivi. Secondo Regus, nella sola Inghilterra il risparmio sarebbe pari a 7,8 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030 e si eviterebbero 115 milioni di ore annue dovute alo spostamento casa-lavoro. Valori più elevati negli Stati Uniti dove 110 milioni di tonnellate di CO2 e 960 milioni di ore.
Chi è il paese più all’avanguardia sotto questo punto di vista? Secondo le ricerche il paese più flessibile è la Svezia con il 51 per cento dei lavoratori. A seguire ci sono la Repubblica ceca (48 per cento), la Slovacchia e la Norvegia (40 per cento), la Germania (34 per cento), l’Austria (32 per cento), l’Inghilterra (24 per cento) e l’Italia. In base a delle recenti rilevazioni dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, i remote workers in Italia sono 305.000 pari all’8 per cento del totale dei lavoratori. Per accrescere questo fenomeno sono stati avviati nel nostro paese dei progetti che promuovono questo modo di lavorare.
Il non doversi spostare per andare a lavoro, comporterebbe anche un risparmio nello smaltimento dei rifiuti e nei consumi di energia. Se si lavora da casa, infatti, non occorre utilizzare gli imballaggi necessari ad avvolgere gli alimenti da portare con sé per spuntini e pause pranzo. Nello spazio limitato di una casa, inoltre, l’energia elettrica che si consuma è inferiore rispetto a quella che si potrebbe consumare in un grande ufficio: in casa, infatti, in genere di accendono le luci solo delle stanze che abitiamo, cosa che non è possibile fare in un trafficato studio affollato di lavoratori. Se si pensa inoltre agli esorbitanti costi di gestione e ai prezzi immobiliari degli uffici, è facile intuire quanto sarà diversa l’immagine del lavoro nel prossimo futuro.