Nel luglio del 2012 il consiglio di Amministrazione dell’Università di Catania, guidata dall’allora rettore Antonio Recca, ha preso la decisione di ridurre lo stipendio dei lettori madrelingua che insegnano nell’ateneo catanese. Oltre al dimezzamento della busta paga, si è ben pensato di rivedere la posizione dei lettori che sono passati dalla qualifica di “Lettore equiparato Ricercatore” a tempo indeterminato a quella di “Collaboratore ed esperto linguistico”. La decisione si fonda principalmente sull’interpretazione della Legge Gelmini che stabilisce che agli ex lettori debba essere riconosciuto il trattamento economico uguale a quello dei ricercatori solo fino a quando non sono stati inquadrati come Collaboratori ed esperti linguistici.
Secondo questa regola, si passa da una retribuzione di 1700 euro netti mensili a 900. Tuttavia, i docenti madrelingua non hanno mai smesso di svolgere le attività didattiche che li inquadrano come lettori e, quindi, il termine stabilito dalla legge non è mai esistito.
Amara è la reazione dei docenti che si sono visti non solo ridurre lo stipendio drasticamente ma anche far fronte ai problemi legati al trasferimento e all’adattamento in una terra che per anni hanno considerato un po’ anche loro. Ancora una volta, i lettori madrelingua hanno deciso di rivolgersi alla magistratura e far valere il loro diritto di essere pagati per le mansioni svolte e mai interrotte nonostante il cambio di denominazione.
Alla nuova gestione amministrativa dell’Università di Catania non resta che raccogliere i pezzi lasciati dai predecessori e trovare una soluzione.
A tal proposito abbiamo chiesto personalmente ad alcuni lettori (che hanno preferito mantenere l’anonimato) cosa vogliono aggiungere alla già complicata situazione.
– Come può riassumere ciò che sta accadendo nel nostro ateneo?
“I fatti sono molti chiari: se le spese dell’università vanno ridotte, perché non dimezzare lo stipendio di chi ne è la ruota motrice? Ah no, mica siamo la ruota motrice, noi siamo i decimali dopo lo 0, non valiamo niente. In un’università in cui viene richiesta una conoscenza delle lingue “quasi obbligatoria”, un ateneo che ha il compito di preparare i giovani ad affrontare il mondo del lavoro nazionale ed internazionale, il contatto diretto con i lettori madrelingua può essere superfluo e troppo tradizionale.
– Quale pensa sia il futuro riservato alle Università?
L’idea di un’ Università multimediale, di un insegnamento telematico, di uno scambio a senso unico in cui l’unico interlocutore è la vocina registrata nelle cuffie, quello sì che è innovativo ed essenziale.
– Pensa che i tagli avvenuti possano coprire spese più importanti?
In questa Università i tagli avvengono alle cose più insensate: Per più di sei anni le stampanti dell’ex monastero dei Benedettini (sede delle facoltà di lettere e lingue) sono state sprovviste di toner. Più di una volta, i fogli necessari per gli esami scritti sono stati insufficienti a coprire l’elevato numero di esaminati. Più di una volta i lettori, anzi, “i Collaboratori ed esperti linguistici” hanno comperato personalmente il materiale da distribuire in vista dell’esame. Sì, questi sono i tagli che vanno fatti per poter migliore ed elevare l’istruzione accademica. Una grande università necessita di un’aiuola ben curata, del costo di 200 mila euro, non di stampanti, fogli, materiale e docenti”.